verdi auditorium PDM roma, rai 5 10.102024.DM Morace

Busseto e la Patria: il melodramma di Verdi all'Auditorium PDM 

Gala Verdiano, Auditorium Parco della Musica in Roma, Rai 5 10 ottobre 2024 

Orchestra e Coro dell’Accademia di S. Cecilia (dir. Orch. Daniele Gatti, dir. Coro Andrea Secchi)

E’ andata in onda su Rai 5 la serata, registrata il 31 maggio scorso, del Gala Verdiano alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica in Roma: a  dirigere il ricco programma è stato scelto Daniele Gatti, e diciamo subito che per quanto concerne il direttore d’orchestra la scelta è stata decisamente molto felice. Attualmente il maestro, 62enne, ha al suo attivo una carriera, iniziata nel 1988, ricca di successi e realizzazioni di qualità sempre elevata, in più di un caso elevatissima. Non è un caso se è stato “acquisito” come direttore stabile alla leggendaria Orchestra della Staatskapelle di Dresda, insieme ai Wiener Philharmoniker, e ai Berliner Philharmoniker, i tre diamanti orchestrali della più alta tradizione Mitteleuropea. Considerando i rapporti splendidi tra Muti e i Wiener Philharmoniker e i molti concerti in programma da anni, ad “Italianizzare” il “Gotha” germanico manca soltanto la compagine berlinese...a quando? 

Tornando a Roma: il maestro ama molto la grande tradizione sinfonica di oltralpe, e ne ha dato molte ottime prove. Io vedo più di un punto di contatto con il compianto Giuseppe Sinopoli, che incontrai più di una volta, anche per lunghe chiacchierate. Ci troviamo di fronte a una certa bipolarità di fondo. Italia certamente sì ma, con un certo gusto “mitteleuropeo” appunto lievemente maggioritario, diciamo 55 su cento repertorio di oltralpe e 45 su cento repertorio di scuola nazionale. 

Il suo Verdi è intenso, asciutto, austero, se si vuole anche di fondo un po’ cupo, ma non esageratamente. La differenza con Sinopoli è dovuta al fatto che la lettura del compianto artista privilegiava l’elemento psicotico e ossessivo, quasi psichiatrico, adattandosi benissimo a certi momenti, per esempio in Macbeth, Rigoletto, Forza del destino: ma all’interno di queste opere mancava alquanto l’abbandono appassionato, e la connaturata teatralità di accento. Cose invece presentissime nel Gala. Basta vedere la mimica facciale che il direttore trasmette all’orchestra (secondo me mutuata, pur se non all’eccesso, dall’istrionismo scatenato di un Leonard  Bernstein). Il nocciolo della questione è il seguente: quanto delle splendide intenzioni che vengono dal podio arriva alla Orchestra e al Coro. 

Senza volermi addentrare in ogni singolo brano, mettiamola in questo modo: il concerto è partito con brani orchestrali che, pur eseguiti sostanzialmente bene,  non hanno dato di sé la migliore immagine della compagine e dei coristi. Cura, attenzione, certo: ma frigidina la comunicativa verso il pubblico, che reagiva con applausi “temperati”, “tiepidi”. 

Nella Seconda parte del programma e nei due bis concessi (Sinfonia della Forza del Destino e Coro “Fuoco di Gioia” da “Otello”), le cose sono andate decisamente meglio. Molta più convinzione e partecipazione, come pagine spettacolari di Vespri Siciliani, Don Carlo, Forza del Destino e Aida impongono. Il netto cambio di marcia ha anche coinvolto il Coro. E ho davvero avuto la percezione di un grande interprete di questa musica, forse il migliore in circolazione, attualmente. 

Si dice “Repetita Iuvant”, onde evitare fraintendimenti e ottiche sbagliate ripeto: stiamo parlando di un Verdi intenso e comunicativo sì, eccome. Ma diciamo così, appunto “di sfondo mitteleuropeo”, preso estremamente sul serio, cercando di bilanciare, come diceva Furtwangler, “il fuoco con la lucidità”: essenzialità drammatica nelle supreme prove del grande “demiurgo” tedesco. L’inseguimento della Opera D’arte Totale, di immacolata matrice wagneriana. 

Qui, di fondo, vale lo stesso concetto, ma trapiantato nel re assoluto del Melodramma. Per un appassionato di lirica a questo livello, è impossibile dare la palma a uno dei due geni, assoluti, del Teatro Musicale. Wagner mi porta in cielo, e mi fa davvero “decollare” verso il Nirvana (parlo sempre di edizioni di livello altissimo, per fortuna ce ne sono). E’ il mio ventricolo di destra: senza di esso vivrei malissimo. 

Verdi scalda, accende, brucia, coinvolge e stravolge. Preferisce la Terra agli “Intermundia” del collega/rivale germanico. Ovviamente, anche in questo caso, questi sentimenti  escono fuori grazie a realizzazioni perfettamente compiute. E, a cercare, ce ne sono (prevalentemente nel passato, ma anche qualcosa nel presente). A fronte di questo tipo di serate completo il parallelo: Verdi è il mio ventricolo di sinistra; vivrei malissimo senza di esso. 

Per fortuna che c’è Daniele Gatti, oggigiorno, a ricordarci a quali diversamente sublimi sentimenti porta il Cigno di Busseto quando è davvero preso dentro, a fondo. Vedevo, soprattutto nella seconda parte della serata, e forse più ancora nel finale, il coinvolgimento e la soddisfazione di molti degli orchestrali, ora sì, ispirati e convinti. 

Mi si passi la definizione ibrida: da italiano (nel mio piccolo, amante di entrambi i loro mondi) in Italia: “V.E.R.D.I. UBER ALLES”!  

Domenico Maria Morace

 

# in visione su :  

https://www.raiplay.it/video/2024/10/Gala-Verdi-2024-f40e4802-8c01-4f21-8753-4087e3c62a8a.html

 

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