I filosofi e la musica: Henri Bergson
Il sentito e il pensato
L’evoluzione della vita nell’universo somiglia all’esplosione di una granata in tanti frammenti che a loro volta esplodono creando altri frammenti fino alla polverizzazione di un’unità originaria.
Henry Bergson, il filosofo francese esponente del vitalismo e dell’evoluzionismo, fu un grande inventore di metafore. Era stato un professore di Liceo, abituato alla divulgazione didattica con i giovani, prima di diventare un accademico e un premio Nobel, e aveva capito che non si porta alle menti inesperte un pensiero astratto se non lo si traduce in forme chiare e comprensibili. Ed ecco allora il ricorso al linguaggio figurato, all’immagine di uso comune, che rende vicini, vivaci e confidenziali quei contenuti che il concetto allontana e ammanta di diffidenza. Seguiamolo in questo sua originale metafora che accosta il processo evolutivo della natura alla musica (“L’evoluzione creatrice”, Bur, 2012, p.168): “Ci troviamo piuttosto di fronte a un certo tema musicale che inizialmente si sarebbe trasposto esso stesso, interamente, in un certo numero di toni, e sul quale, sempre interamente, si sarebbero eseguite in seguito delle variazioni diverse, alcune molto semplici, altre infinitamente elaborate. Quanto al tema originario, esso è dappertutto e da nessuna parte. Invano cercheremmo di osservarlo in termini di rappresentazione: certamente all’origine si trattò più di un che di sentito che di pensato”.
Niente si perde, strada facendo, del principio originario, che si trasforma e si sviluppa prendendo direzioni molteplici, in modo così libero e indeterminato, fluente e complesso, che dall’inizio (apriori) è difficile prevederne il senso, e dalla fine (aposteriori) ricostruirne il percorso. Ma quel principio resta comunque nell’aria.
Nell’evoluzione, come nella musica, l’improvvisazione creativa gioca un ruolo fondamentale. Si parte e non si sa dove si finisce, pur finendo comunque da qualche parte.
Stefano Cazzato