I filosofi e la musica: Ernst Bloch
Blochmusic
Bach, Beethoven, Berlioz, Bizet, Cherubini, Debussy, Liszt, Mendelssohn, Mozart, Schonberg, Schubert, Schumann, Strauss, Stravinskij, Vivaldi: sono solo alcuni dei grandi compositori che il filosofo ebreo tedesco Ernst Bloch, esule negli Stati Uniti negli anni del nazismo, cita nei suoi libri.
Perché tanti compositori, e tante pagine - colte, vive e appassionate - dedicate alla musica in un’opera dichiaratamente filosofica? Solo una passione personale che si riverbera nella riflessione teorica di questo marxista eterodosso per renderla più originale e attraente?
C’è di più. A differenza della vulgata marxista che tende appiattire l’arte sull’ideologia (sovrastruttura dei dominanti per egemonizzare le masse e riflesso meccanico dell’ordine sociale), Bloch ne fa una produzione autonoma dello spirito dotata di una straordinaria potenza di libertà, di visione, di sogno, di idealità, di sentimento non corrotto dalla lotta e dall’egoismo.
Come tutte le arti, e forse più delle altre arti, quello che la musica annuncia, persino la musica borghese, è l’utopia di un mondo nuovo, lontano dalle miserie e dalle fatiche dell’esistente. La musica indica un tempo a venire, migliore del presente e in grado di riscattarlo. In questo senso essa è una funzione della teologia (una teologia larga, s’intende, in grado di accogliere ogni ipotesi di liberazione) e della sua tensione escatologica.
“Il suono cammina con noi ed è con noi” (“Spirito dell’utopia”). “C’è nella musica un che di sorpassante e incompiuto” (“Soggetto-Oggetto”); “il suono va molto lontano e si è attrezzato per il viaggio”; “il suono esprime allo stesso tempo quel che negli uomini stessi è ancora muto”; “il suono abita proprio lì dove gli occhi non hanno niente da dire e comincia un altro girotondo”; “la musica sta ai confini dell’umanità ma a quelli in cui l’umanità comincia a formarsi con un nuovo linguaggio” (“Il principio speranza”).
Blochmusic: ovvero la musica come attesa e desiderio, come urgenza di redenzione e di superamento dell’essere in direzione del non-ancora-essere. Persino quando è triste e nostalgica, e non utopica e corroborante, la musica esprime per contrasto quella speranza che sta oltre la tristezza e la nostalgia.
Stefano Cazzato