I filosofi e la musica: Constantin Noica
Il bello in movimento
Tra le tante considerazioni che il filosofo rumeno Constantin Noica, amico di un altro grande dei Carpazi, Emil Cioran, ha espresso sulla musica, ce n’é una che possiamo senz’altro condividere perché dà della musica una definizione ontologica, collocandola tra le arti che mettono l’uomo in contatto con la propria precarietà esistenziale.
“Arte del bello in movimento accanto alla poesia e alla danza, mentre l’architettura e le arti figurative sono arti del bello immobile, essa suscita davanti a noi bellezze che poi fa rientrare nell’ignoto e nell’inesprimibile” (Sei malattie dello spirito contemporaneo, Il Mulino, 1993, p.155).
E’ come se la musica accennasse alla bellezza non potendola tuttavia fermare sotto i nostri occhi: essa, come il Dio dei mistici, sfugge non appena si cerchi di afferrarla e fissarla in una rappresentazione. Effettivamente la musica ha a che vedere con l’idea di flusso, di divenire, di continuum, più di ogni altra arte.
Quel che rimane, dopo averla ascoltata, è solo la traccia di un passaggio, un sentito più che un pensato, un ricordo, forse una nostalgia, più che una presenza.
Forse è la nostalgia dell’Essere, di un qualche principio primo che si è ritratto e nascosto, dopo aver creato, di una nota perduta, sublime ma lontana, che ci è rimasta confusamente nella testa, e che tentiamo di evocare ogni qualvolta stiamo per ripiombare nell’horror vacui?
Stefano Cazzato