I filosofi e la musica:Walter Benjamin
Non solo mainstream
Meglio la ripetizione o la differenza? L’eterno ritorno dell’uguale o la divergenza, il salto, la digressione? La sicurezza del ritornello o la perdita poco rassicurante del leit-motiv, dell’origine e del centro? Non vogliamo parlare di Gilles Deleuze benché questi termini portino inequivocabilmente a lui, ma di Walter Benjamin, il filosofo tedesco morto suicida nel 1940 per sfuggire alla cattura dei collaborazionisti francesi.
In una raccolta di scritti minori, dedicati all’infanzia, Benjamin affronta l’inedito tema delle filastrocche, ma non lo fa per riflettere gramscianamente sulla cultura nazional-popolare o per una qualche ragione estetica (che dall’autore de “Il dramma barocco tedesco” sarebbe pure ragionevole aspettarsi). Lo fa per mettere in luce un tratto tipico della condizione umana, particolarmente spiccato nei bambini e poi destinato a smarrirsi nel passaggio all’età adulta che è più sensibile al mainstream, e cioè la tendenza a rompere con gli stereotipi e le consuetudini per fare invece dell’improvvisazione verbale e melodica una potente molla di espressione, di innovazione, di vitalità e di evoluzione.
Le filastrocche - secondo Benjamin - dimostrano “come il bambino … non si accontenti mai della forma precostituita, e come la grande ricchezza del suo mondo spirituale oscilli nell’angusta strada della variazione … l’opera dei bambini non è rappresentata tanto dal nucleo dell’enunciato quanto dall’imprevedibile ed emozionante gioco di trasformazioni del medesimo” (“Figure dell’infanzia. Educazione, letteratura, immaginario”, Raffaello Cortina, 2012).
Forse dovremmo prendere esempio dall’infanzia o comunque tenerne vivo lo spirito: in quella età che all’adulto sembra ormai remota e primitiva, in quel tempo perduto che appare, visto da qui, la diretta manifestazione di una natura bizzarra, primordiale e onirica, non tutto era mainstream, non tutto era ripetizione.
Poi si cresce e si scopre che la via vecchia, per quanto noiosa, è più facile e la nuova, per quanto affascinante, più angusta.
Stefano Cazzato