Riflessioni sull’alternanza scuola-lavoro
Alternanza scuola-lavoro, o se preferiamo sfruttamento minorile autorizzato. Da due anni a questa parte non sono bastate proteste e manifestazioni per rendere esplicito il fatto che l'alternanza non abbia formato in alcun modo gli studenti, proprio perché è evidente che lo scopo non fosse quello.
Le esperienze svolte sono state molteplici: una settimana di lezioni alla facoltà di ingegneria informatica, diverse ore di volontariato imposto presso delle mense di beneficenza, un corso sull'economia aziendale e la simulazione d'impresa. Ho cercato di ricavare qualcosa di formativo dalle attività svolte, ma dopo poco tempo mi sono arresa all'evidenza: lo scopo dell'alternanza scuola-lavoro è quello di offrire manodopera gratuita con la scusa di un tirocinio che ci possa introdurre in un mondo dove ci si deve adattare a ciò c'è, dove la speranza di trovare un'occupazione in base a ciò abbiamo studiato è morta da tempo. L'alternanza scuola lavoro colpisce gli studenti anche da un punto di vista didattico: molto spesso siamo costretti a perdere importanti ore di lezione per andare a svolgere tirocini non inerenti al nostro indirizzo di studio. Sono stanca di sottostare ad un sistema che mi impone di dover lavorare gratuitamente e, molto spesso, con grandissime multinazionali. È infatti recente il caso dei 10000 studenti mandati a lavorare per McDonald's e costretti a svolgere mansioni puramente tecniche, senza alcun carattere formativo. Molto spesso, come nel mio caso, gli studenti sono stati costretti a dover lavorare per sei ore di seguito senza poter fare una pausa: ed è così che il lavoro non diventa un diritto, quanto qualcosa che ci dobbiamo guadagnare.
L'articolo 33 della Legge sulla "buona scuola" dichiara solennemente che l’alternanza scuola-lavoro viene attuata «al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti». Ma il tasso di disoccupazione giovanile ammonta ancora al 40% (secondo discutibili fonti ufficiali), rendendo ovvio il fatto che l'alternanza non abbia aiutato a risolvere il problema. A mio parere la "buona scuola" incarna l’utopia di creare un “uomo nuovo” seriale, omogeneo, flessibile, interamente modellato dal suo finale compito economico. Ma è davvero di questo che abbiamo bisogno? Di uno studente al servizio delle esigenze del capitale?
Tutti noi continueremo a lottare e a documentare le nostre esperienze di alternanza, fiduciosi nel fatto che la verità sia sempre rivoluzionaria.
Chiara Badiali.