Le parole della Musica
La costruzione di un amore
E intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dietro all'orizzonte
ci fosse ancora cielo.
Ivano Fossati, 1978. La prima interprete fu Mia Martini, nel tempo in cui era iniziata la loro tormentata storia d’amore. Fossati la registrò in studio nel 1981 per “Panama e dintorni” e la incise nuovamente con un arrangiamento diverso nel 1988 per “La Pianta del tè”.
Avendola ascoltata da Mia Martini (Mimì brava, bravissima, ma troppo pop per le mie pagine disorientate); credo d’averla compresa davvero nella versione di Fossati, quando, Amore dopo Amore, credevo solo in ciò che sentivo straordinario in quei giorni che della mia vita pensavo straordinari.
Le canzoni positive ed ottimiste che inseguivo le volevo non tanto per me: le incidevo e le donavo - amore per amore - a chi avrei voluto (o dovuto) amare.
Ma le canzoni che più mi rimanevano nel cuore erano altre. Ivano Fossati sì, ed il suo Mediterraneo diverso: le sue parole dal suono personale ascoltavano una voce propria, un’esperienza sentita in armonia, ma solo con se stesso. E non era un sentirsi libero dentro, come se qualcosa di unico fosse avvenuto.
La Musica delle Parole mi spinse a chiedermi se anch’io meritassi un Amore come quello, oppure fosse solo inverno dell’anima, sentito addosso per necessità d’Amore.
Non ho, ancora adesso, una risposta del tutto plausibile.
Allora tornai alle prime cose, a quelle prime cose che furono e sono ancora momenti di ricerca, combinazioni che cercavo di scrivere in una Vita che pure sentivo non seguisse il mio cuore, per ciò che era e per ciò che immaginava.
La Costruzione di un Amore forse era stata semplicemente scritta in caratteri normali, senza alcun piglio da esistenzialista, senza le coreografie psichedeliche e gli effetti speciali che tanto “prendevano” in quegli anni, tasselli che chiunque avrebbe potuto comporre e ricomporre, seguendo il cuore di chi avrebbe potuto costruirsi un Amore immaginario, come quell’Eroe dell’Amore che avrei voluto essere. Pensavo.
La costruzione di un amore non passa per vocabolari limitati e voci veloci, non spinge a descrivere corrispondenze, non conosce intese intellettuali, non canta gioie o tristezze, non lascia riemergere emozioni, non accetta equilibri, non collega la spiritualità al gesto, non sceglie passi più importanti di altri, non sa nulla dell’orgoglio, non suona mai accordi già ascoltati, non accetta sconfitte, non corre sul filo delle impressioni, non medita sulle qualità della fantasia, non si rende mai conto di se stesso, non medita sulla giustezza dei bei toni, non conosce condizioni ideali, non si perde nell’inquietudine, non conosce altra anima che quella propria, non conosce negazioni, non tiene per mano, non conosce alcun fascino di pause: non conosce perché non può conoscere.
La costruzione di un amore
spezza le vene delle mani
mescola il sangue col sudore
se te ne rimane.
La costruzione di un amore si dà all’inimmaginabile, ad emozioni giuste al momento giusto, giuste e quindi quasi impossibili. La costruzione di un amore passa per memorie diverse, per le evoluzioni dell’orgoglio e per quell’impulso che vuole proprio dell’orgoglio riempirsi, senza ammettere negazioni.
Nella costruzione di un amore strofe calpestate, dilemmi impossibili, vie di fuga nelle quali riconoscere se stessi, immaginazioni e sospensioni oscillanti, parole utili e poi inutili, e poi utili ed inutili ancora, e perdite d’equilibrio ed equilibrio di parole inutili, perché nella costruzione di un amore tutto può accadere o non accadere, ma non mai altro se non l’attesa di un cenno d’attesa.
Sono io che guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo
come se dopo tanto amore
bastasse ancora cielo
E tutto ciò mi meraviglia
tanto che se finisse adesso
lo so io chiederei
che mi crollasse addosso.
Egozero