Le Parole della Musica
Almeno tu nell'universo
Sai, la gente è strana /Prima si odia e poi si ama /Cambia idea improvvisamente
Prima la verità poi mentirà lui /Senza serietà /Come fosse niente.
Scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio nel 1972 e pubblicata solo nel 1989, Mia Martini la presentò al Festival di Sanremo nel 1989. E fu un giusto successo, dopo la nota ed idiota messa al bando di Mimì da parte del mondo dello spettacolo.
Fu Premio della Critica, per quel che valeva e che vale - francamente spesso spazzatura dettata dalle case discografiche. Qualcuno s’era forse accorto della singolare dizione musicale e della graffiante interpretazione d’una donna complessa e sensibile che con la vita aveva un conto aperto da tanti anni? Non lo so e poco ci credo, ma la canzone “suonava bene”, piaceva l’arrangiamento, lo spartito, le parole evocavano significati in fondo semplici, quelli che il pubblico (specie quello di palato non esattamente fine) voleva sentire per “muovere dentro” una qualche recondita passione, un ricordo, una commozione sempre necessaria al sentirsi vivere.
M’interessava nulla del nazionalpopolare, preso piuttosto dall’Avanguardia Elettronica, dal Cool Jazz e dalla New Wave. Però… Però in quella sorta di Mantra dalla “poetica semplice” c’era altro, c’era il vasto silenzio di un dolore cantato in punta di piedi da uno spirito fiero e disperato, imperscrutabile nella difesa della propria anima vilipesa in un limbo spirituale protetto a costo della vita da quegli occhi grandi di velluto morbido e oscuro, sacri e aspri, irreali e caldi e macchiati dalle sconfitte di una Ragione semplicistica, fin troppo semplicistica.
Ciò che sembrava stemperare quel Dolore confinava col Nulla, un Nulla prima dell’Angoscia, un Nulla composto da una grande identità interiore spesso ferita, un percorso disagevole e allo stesso tempo rigoroso intorno al Senso del suo Nulla, all’ambiguità delle vie d’uscita, alla rinuncia all’interpretazione sospesa per via delle tante rughe sferzate dalla discrezione del Silenzio. Questa, a mio avviso, la profondità di ogni istante vocale che nessuno ha mai saputo imprimere neppure nella sola frase dell’incipit: né Mina nel suo omaggio a pochi mesi dal Volo definitivo di Mimì, né la soffusa lettura di Elisa, sia nel duetto con Fiorella Mannoia del 2010 sia per la colonna sonora del film “Ricordati di me” di Gabriele Muccino, né la sorella sconclusionata Loredana Bertè, né la versione inglese très charmant della star internazionale Thelma Houston, né la tecnica tout court di Paolo Fresu col Quintet 2007 di “Rosso, Verde, Giallo e Blu”, omettendo le mille letture che vennero e vengono ancora proposte…
Per inciso, mi stupisco ancora che quella bellissima linea melodica non sia mai divenuta italian standard per le nostre Blue Notes. Credo che se Billie Holiday o Ella Fitzgerald o Nina Simone l’avessero potuta conoscere, sarebbe divenuta ben altro dal solito cantare amore, un’evergreen sulla diversità dell’amore (tra l’André Breton de L'Amour fou nella filosofia del Desiderio, "sola molla del mondo, solo rigore che l'uomo debba conoscere", e l’imperativo categorico del poeta greco Esiodo, opponendo Caos ad Eros, che rappresenta la forza di coesione dell’universo; dell’universo, appunto).
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell'universo
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Difficile cogliere appieno il motivo profondo dell’isolamento interiore di Mimì, che pure sembrava sopravvivere alle tormente del cuore con una speranza oltre ogni credibilità e più incline ai silenzi che non a quei gesti da palcoscenico che non cercò mai, perché non avrebbero mai potuto dar anima al personaggio che le chiedevano di essere, per divenire quella Star del Pop che con grande facilità avrebbe potuto essere.
Erano, anche quelle, carte da raccontare, carte bianche d’attesa, carte difficili di un fluire autodistruttivo e perfettamente esatto nelle immagini emotive niente affatto agili e calibrate che sapeva far immaginare a chi ascoltava. Questa Mia Martini fu un’autentica sorpresa anche per chi, come me, era al di fuori di ogni logica commerciale.
Sorprendeva lo sforzo immane di restare in quell’Universo dell’Almeno Tu senza mai entrare completamente in scena (Saffo: la voce si perde sulla lingua inerte. Shakespeare: si trascorre la vita al cenno di un’altra persona. Alda Merini: Io ti ho gemmato e l’ho detto, ma questa mia emozione si è spenta nelle parole). Un Amore nella completa solitudine morale di una donna che si sentiva esclusa da ogni possibile “saggezza”.
Sai, la gente è sola, come può lei si consola,
e non far sì che la mia mente
si perda in congetture, in paure
inutilmente e poi per niente...
Soffrire per nulla che avvenga è uno dei più grandi dolori che l’essere umano possa provare.
Essere Soli può essere una scelta, un fine surreale, un fuoco esistenziale, una situazione diversa nella forma non geometrica dei flussi affettivi, un’astrazione vissuta nella ricerca dell’Uno che possa amarci, che possa proteggerci dall’Horror vacui , dalla necessità di riempire completamente ogni intero dettaglio della nostra vita per il timore degli Spazi Vuoti della nostra esistenza, un dialogo serrato con il nostro Inconscio su ciò che sentiamo privo di Soggetti, i quali probabilmente Soggetti non sono e mai saranno.
Dimmi che per sempre sarai sincero e che mi amerai davvero di più, di più, di più…
Amour fou. La Passione assoluta delle Pagine Aperte per tutto ciò che ci rimane da conoscere, fra l’Attesa della Rivelazione ed il Veleno del Desiderio, fra il Timore del Divenire ed il vedersi allo specchio nella più grande Follia della Vita, quella alla quale dar nome è sempre sempre sempre difficile.
Ma cosa è mai la Musica se non dar Parola all’Impossibile?
Egozero