Renato Zero, Cercami (Le Parole delle Musica)
Di quel Renato Zero, debuttante negli anni d’oro del Rock e della canzone cantautoriale, da molti riduttivamente inteso solo come icona per motivetti giudicati in modo esageratamente sprezzante dai parvenu della Critica sia di Destra che di Sinistra che di Centro e dai cosiddetti “impegnati”, c’è ancora molto da considerare, e non solo per il suo impegno civile che ancor oggi non intende divulgare ore rotundo e per la sua grande generosità in favore di giovani (l’Associazione culturale Fonòpoli) e persone in difficoltà.
Sinceramente di Renato Zero non ho pensato con entusiasmo per decenni, accettando evidentemente in modo ottuso l’opinione dei “colti”, fino al concerto di Mario Biondi con il magnifico Duke Ensemble all’Auditorium di Roma per “Save The Children” il 24 giugno 2009, bellissima serata in Nero Obbligatorio per i critici musicali accreditati, causa la presenza del Presidente della Repubblica Napolitano che alla fine neanche si vide…
In quell’occasione lo sentii dialogare con Biondi con estremo affetto in risposta alla sorpresa del vocalist catanese (che di gavetta ne aveva fatta proprio tanta) di “vedere tanta gente ad applaudire…e chi se lo sarebbe aspettato anni fa?” Per inciso, oltre che bravo anche tanto umile il cantante siciliano, peccato lo abbiano notato in pochi.
Ero una fila dietro, vidi lo sguardo di Zero sorridere gentile, muoversi rapido verso il pubblico senza cercare alcun consenso da parte dei Nomi importanti del giornalismo italiano accomodati nel parterre de roi in cui ero seduto. A quel punto, sentii naturale stringergli la mano e presentarmi; a risposta, il suo “occhietto”, spontaneo, simpatico, tutt’altro che opportunista. Da quel momento Renato Zero iniziai a pensarlo in modo diverso, in definitiva come merita. Lo Zero dei “sorcini” borghesi ormai per me disappariva nei programmini Rai e diveniva il cortese Renatino delle periferie proletarie, quello che cantava problemi e amori in modo quasi neorealista, con un tono emotivo persino ingenuo ed un entusiasmo che mi ricordavano Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini…
Cercami
come quando e dove vuoi
Cercami
è più facile che mai
Cercami
non soltanto nel bisogno
Trovarmi è facile, ma non farlo solo quando hai bisogno di me; anche se
Sono stato invadente
eccessivo lo so
il pagliaccio di sempre
anche quello era amore però
Quel tanto di narcisismo col quale si prova a piacere, a conquistare, a riempire un angolo buio che sentiamo ma non razionalizziamo. In che relazione, in fondo, è il Narcisismo con il bisogno di essere amati?
Narcisista e Pagliaccio: l’importante è saperlo.
Ma la Verità viene sempre fuori quando nel rapporto arriva il momento nel quale non ci si può non confrontare perché non si può evitare la verifica di quel che si cerca e di ciò che si è veramente.
Questa vita ci ha puniti già
troppe quelle verità
che ci son rimaste dentro
Oggi che fatica che si fa
com'è finta l'allegria
quanto amaro disincanto
A quel punto, terminata ogni recita, ogni finzione, ci si lascia andare e si accetta ogni “ferita”, ogni ridimensionamento della propria supposta onnipotenza, se l’Amore è veramente Amore:
Io sono qui
insultami, feriscimi
Sono così
tu prendimi o cancellami
Adesso sì
tu mi dirai che uomo mai
Ti aspetti
E, se l’Amore è Amore, si cerca Fiducia per quel che si è, a cuore aperto:
Fidati
che hanno un peso gli anni miei
Fidati
che sorprese non ne avrai
sono quello che vedi
Io pretese non ho
Perché la Vita non prevede Tempi Eterni ed il Silenzio a volte è solo un sorriso balordo che spegne la sincerità dell’esigenza e quelle parole che non si farà mai in tempo a raccontare:
Dopo di te
quale altra alternativa
può salvarci
Io resto qui
mettendo a rischio i giorni miei
scomodo sì
perché non so tacere mai
Ed allora è inutile aspettare:
Adesso sai
senza un movente
non vivrei
comunque
Cercami
Cercami
Non smettere
Non smettere
Sorpresa: secondo dichiarazioni dell'autore la canzone è riferita alla madre. Non alla mamma di Renato, sia chiaro, ma in genere alla propria madre, o anche al pubblico o a qualunque persona dalla quale fosse stato così tanto attratto. Sarà così o meno, ma le parole è giusto che sfuggano ad un’interpretazione razionale e si estendano ad un Senso più ampio ed emotivo (psicanalisi docet, ma me ne interessa il giusto). Le nostre parole dicono sempre di noi ed è difficile situarne il Logos, la giusta posizione nell’area del linguaggio articolato, la reale Invenzione in conformità a casi certi della propria vita o Immaginazioni depositate nei Sogni o nei meandri dell’Inconscio.
Sembra che qui ci sia un uomo che chiede di essere amato per quel che è: e non solo da chi possiamo inventare in questa avventura; forse da tutti. Ed ognuno, considerata la propria necessità, può ascoltarvi se stesso quale Lector in Fabula, secondo la “cooperazione dei testi narrativi” intuita da Umberto Eco (Bompiani 1979), la plurilettura che rende la Vita “Opera Aperta”, Poesia di se stessa senza strategie o ipercodifiche intellettualistiche, proprio perché il testo è tutt’altro che “opera chiusa”, composto di pochi versi non ridondanti, essenziale ed ermetico quanto è opportuno per dire se stessi nel modo più vero.
(Un ricordo:
Giuseppe Ungaretti, Commiato, Il porto sepolto, 1916, vv. 9-13)
Brano emblematico dell’album “Amore dopo amore” (Fonòpoli 1998, il più venduto dell’anno con 1.200.000 copie), che si avvale della prestigiosa collaborazione di Lele Melotti alla batteria, Phil Palmer alla chitarra, Rosario Jermano alle percussioni, Demo Morselli alla tromba, Stefano Senesi alle tastiere e Daniele Comoglio al sax per il testo del cantante romano ed il pentagramma scritto con Gianluca Podio, è ancora un Cult del Pop italiano, e con merito.
Egozero