Pensieri da “Il racconto del Timeo” di Stefano Cazzato (Ladolfi 2019)
Di quanto la Filosofia abbia dato alla Letteratura, o la Letteratura alla Filosofia non è mai situazione certa, soprattutto per chi abbia inteso il nesso tra il Raccontare ed il Meditare, il Costruire Azioni di Miti e l’Immaginare quanto questi ultimi abbiano dato essenza umana al significato stesso della nostra cultura ed al suo esistere per le nostre esistenze.
Se raccontare il viaggio filosofico del Platone che il Nostro intuisce tra le proprie esperienze di vita non è catalogabile nelle forme usuali del Racconto stesso, è vero anche che è una Fortuna incontrare chi sappia fare del Mito (del Mito di Platone e del Mito del Timeo stesso) una trasposizione spontanea per cercare fra i Miti d’Oggi (Roland Barthes) qualcosa di simile ad una Musica interiore densa di tensione e improvvisazione, nella quale concedersi attimi di riposo (l’Otium latino) in un’autonomia di pensiero che accresca il desiderio di conoscenza, così come in un racconto che abbia come inizio la fine dei Sogni e come termine l’inizio dei Sogni stessi.
Il “Racconto del Timeo” è “narrare”, e narrare è dire di se stessi, disegnare liberamente il fil rouge che ci lega al senso delle nostre indagini, delle nostre speculazioni “emotive”, della nostra Poesia di Attese e Confronti, spesso Conforti per un Reale che oscura i Limiti e razionalizza in modo Cieco quel che sarebbe naturale attendersi dalla Vita.
Questo probabilmente il motivo per un’Opera Aperta nella quale il Lettore sia interprete in una cooperazione intellettiva e intellettuale in una direzione che Stefano Cazzato non cerca come unica, ma almeno possibile, senza peccati di presunzione o riscatti morali, dato che la Morale è il Cuore del “mondo possibile”, dell’intelaiatura per saper distinguere tra Mondo Falso e Mondo Cercato: piaceri di scrittura, alternativi al Logos nella ricerca di “un altro Logos” (come egli stesso asserisce), “passeggiate preferenziali” (come diceva Umberto Eco) di inattese Suspense che non cercano mai di convincere chi legge attraverso proposizioni asserite per “far credere” o “per far fare”.
Del resto il titolo dell’opera è “Il racconto del Timeo” e non “l’analisi del Timeo”: una proposta per una lettura di questo Dialogo (volendo “una delle tante”, interpretando il modus di Stefano Cazzato), un Dialogo del Platone Poeta che si è liberato dell’ingombrante maestro Socrate che lo incatenava al Pensiero Rigido-Razionale.
Platone, e noi con lui, finalmente può insinuarsi in “pagine di miti e di personaggi che li raccontano…una pluralità di ego che meritano lo stesso rispetto dell’ego che racconta”(p.11) in nome di un viaggio nella narrazione più che nella narrazione di un viaggio, nel quale è superfluo indagare sull’identità dell’Autore: il Timeo l’ha scritto davvero il filosofo greco? Poco importa perché la querelle è oziosa “tra modello e imitazione, tra verità e verosimiglianza, tra fatti e racconto, tra Logos e Mythos”(p.10), perché mai toglierebbe Bellezza all’Arte del Dire e del Pensare (e chi avrebbe mai redatto i poemi di Omero, il Corpus teatrale di Shakespeare, i libri della Bibbia, l’Epopea di Gilgamesh o completato la “Divina Commedia” di Dante?) e poiché occorrerebbe sempre non aver bisogno di un Pantocrator onnipotente che dia definizioni alle nostre incertezze, alle ansie della certezza, di un Nome che conforti le nostre paure, non dovendo mai scegliere tra il “luogo” del Logos e il “vuoto” del Mythos, della “Parola” sulle leggende di Dio e degli Eroi.
Dato che con Stefano Cazzato si condivide l’attività riflessiva sulla Musica, diremo che il Timeo risponde all’esigenza di dialogo spontaneo e d’improvvisazione propria del Jazz (che è Opera Aperta per definizione): una digressione dal Logos di Johann Sebastian Bach al Mythos di George Gershwin, Maurice Ravel, Claude Debussy e al Pathos visionario di John Coltrane tessuto tra le rime tenui e crepuscolari di Michel Petrucciani e l’anima blues del Ludus di Billie Holiday e Chet Baker. Nessuna infrazione perché “siamo nel regno di una verosimiglianza che ispira fiducia e che chiede fiducia” (p.56).
Di solito molti, ancor prima di leggere un libro, si chiedono quale mai potrà essere la Forma (non la Sostanza) cui andranno incontro. Chiarirò allora la mia opinione attraverso le domande che mi sono posto da un punto di vista letterario: “ma è un romanzo-romanzo, un "conte philosofique", un pamphlet, un'odissea narrativa, un giallo-rosa, un fantasy filosofico, un noir dipinto di blu, un legal thriller filosofico, una novella di "realismo magico", uno "slipstream" di narrativa sperimentale?”. In realtà l’Opera Aperta del Nostro è tutto questo, un’Opera Aperta su un’ Opera Aperta come quella del dialogo di Platone, uno “slipstream” che lascerà ad ognuno le conclusioni che crederà opportune, se “giuste o non giuste” lo stabilirà il Lector in Fabula, chi leggerà, mai sollecitato a dar una risposta definitiva dal professore leccese.
Il trittico platonico di Stefano Cazzato animerà un’ulteriore pagina di riflessione, dopo il “Dialogo con Platone” e “Una storia platonica. Ione e la stirpe degli interpreti” (Ladolfi Editore 2010 e 2017), nel “dominio del può darsi”e nella possibile Idea che “forse la Letteratura precede la Filosofia” (p.77) e che “l’arte è un correlativo necessario della scienza” (F.Nietzsche, cit. p.9). Sicuramente, secondo chi scrive.
Fabrizio Ciccarelli
Stefano Cazzato, Il Racconto del Timeo, Platone e la letteratura, Ladolfi 2019, pp.84,10 euro
https://www.libreriauniversitaria.it/racconto-timeo-platone-letteratura-cazzato/libro/9788866444459
http://www.ladolfieditore.it/index.php/it/f-authors-eng/cazzato-stefano.html
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