Cantanti-Autori e Cantattori
Bisognerebbe, innanzitutto, chiarirsi le idee sul significato di “canzone d’autore” specialmente di questi tempi, confusi ed un po’ arruffoni sulla semantica, arraffoni (scusate il gioco di parole) di fatti musicali che nulla hanno a che vedere con la Poesia (intimista, politica, antropologica) e con la volontà d’esprimere un messaggio di senso compiuto “scavato” – parafrasando Ungaretti – “nel profondo del cuore”: in troppi, senza alcun merito, vengono definiti cantautori.
Sarà il vilipendio operato da alcune case discografiche per trarne vantaggio economico, sarà la mediocrità a 360 gradi di ciò che viene spacciato come “cultura”, sarà la dilagante barbarie intellettuale, sarà la faciloneria con la quale si definiscono i generi ed il rapporto tra musica e società, ma in quanto a “canzone d’autore” sinceramente vedo molto poco, ed il termine, inevitabilmente, mi rimanda a più di 50 anni fa, con le eccezioni (anche contemporanee) di cui avremo a dire in seguito.
Certo che far chiarezza non è facile, e si dirà: “è un fatto di gusto personale”, “ognuno trova ciò che crede in quel che ascolta”, “le parole e le armonie risuonano diversamente in ognuno di noi”. Sarà anche vero. Da parte mia, comunque, certe considerazioni le reputo quanto mai superficiali, in fin dei conti ignorantelle e noiosette.
Coloro che vorranno accettare tali premesse penso che avvertano la necessità di aver chiarezza sull’argomento, senza ricorrere a diagrammi ideologici e algoritmi filosofici, caso mai provando a ricostruire un percorso che in Italia inizia secoli fa, se vogliamo esser precisi dall’epoca dei trovatori siciliani o anche prima, per quel che sembra lecito supporre alla luce di quanto studiato dalla Filologia Romanza, e che è deflagrato negli anni 60-70 per poi correre nei meandri stilistici delle cosiddette scuole regionali della canzone italiana (le maggiori Trieste, Napoli, Roma, Genova, Bologna) per voce di artisti che a tutto merito oggi, nel migliore dei casi, sono oggetto di analisi sia in contesti universitari che liceali (di docenti illuminati ce ne sono, eccome!), inclusi in antologie della letteratura e in benvenute storie del costume che affondano (finalmente) men che mediocri versificatori modaioli di confusi bailamme per indolenti aristocrazie radical chic. Per tali motivi, credo, l’Autore opera rettifiche estetiche e storicizza gli eventi (metodo sempre corretto per capire a fondo) con una “particolare attenzione alle dinamiche che, nel tempo, fanno sì che la canzone non resti un fatto di spettacolo, costume e intrattenimento, ma rappresenti esigenze e capacità artistiche autentiche, a salvaguardia della purezza dell’origine del canto”. Il musicologo Paolo Talanca osserva e deduce, periodizzando ed enucleando i giusti perimetri per chiarire Tempi e Modi, situazioni avverse ed entusiasmi che coinvolsero ed ancora coinvolgono uomini di Canto, di Pathos e di Ethos, quali (lasciateci dir i nomi) Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Giorgio Gaber, Fabrizio De André, Franco Battiato, Ivano Fossati, Paolo Conte, partendo dal Luigi Tenco bohémienne o il Rino Gaetano delle “bustarelle” e del tanfo politico fine anni 70 denunciato, in ambito solo apparentemente distante, da band quali Area e CCCP: segno che un importante movimento stava sorgendo, inglobando Punk, Jazz e Progressive, svergognando nelle parole degli “emarginati” i ladroni del Sistema, riportando a noi il coraggio della Vita di Pasolini, Pavese e di Alda Merini.
A parere dell’Autore il fuoco non s’è spento: Brunori, Levante, Effe, Mannarino sono nomi giusti per proseguire questo italiano Alfa-Omega di “testi mica stupidi, canzoni che abbiano un significato”, come asseriva il Corriere dell’Informazione nell’ottobre del 1960, citando Paoli, Bindi, Gaber e Maria Monti, e poi, aggiungiamo oggi, tanti da ricordare anche tra Posse e Hip Hop, l’ironia di Elio e Le Storie Tese, la poetica tra Tom Waits e Paolo Conte di Vinicio Capossela, dedicando con generosa bonomia pagine persino a Ligabue, al buon Daniele Silvestri, all’originale Max Gazzè, al bel pop jazz degli Avion Travel. Magari i puristi sbotteranno censure e dolenti necrologi rivangando le prostitute ed i malati di mente dell’impareggiabile Enzo Jannacci o i preziosi lasciti di Franco Battiato, o magari le disforie di De Andrè, correndo a mente libera sul diverso Sessantottismo di Bob Dylan, Neil Young, Stephen Stills, Patty Smith, James Taylor e della West Coast; resta in ogni caso il fatto che la Canzone d’autore ancor oggi è “una sfida: quando qualcuno è stato capace di vincerla, ci ha regalato cose sensazionali”, specchi vitruviani per percezioni di emozioni provate Qui ed Ora.
Fabrizio Ciccarelli
Paolo Talanca, Musica e parole, Breve storia della canzone d’autore in Italia, Carocci Editore 2024, 201 pp, 22 euro