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Disobbedienti e indipendenti. 1977-1982: la Musica del Bologna Rock

Giuseppe Catani, Harpo’s Bazaar. Una storia di cassette, Arcana Edizioni 2024, pp.187, 16 euro

A Bologna nel 1977 ebbero luogo tanti e tali avvenimenti da risultare essenziali per la storia italiana, e non solo culturale. Memoria: tre anni dopo la Stazione deflagrò. Anni di Piombo: 85 morti e 200 feriti. Strage dei NAR di Fioravanti e Mambro? Così si dice, nonostante i tanti, significativi, depistaggi. Ognuno rifletterà sui servizi segreti deviati e altro.

In ogni caso che l’attentato abbia avuto luogo proprio a Bologna non è un caso perché la città da tempo era divenuta Aula di fermenti innovativi con evidenti connotazioni politiche di segno progressista: tra questi le interessanti iniziative dalla Cooperativa Harpo’s Bazaar tra Punk, Prog e Rock demenziale, proposte in Cassetta e non in Vinile, data la notevole differenza di costo e la possibilità di incidere in brevissimo tempo su ordinazione. Idee tante, soldi pochi, come nella maggior parte dei casi per i Creativi d’Italia, a Roma, a Napoli, a Genova.

Il libro inizia con una bella intervista a Oderzo Rubini, collaboratore di John Cage, tastierista di Moog, mente aperta per Punk e poi New Wave, uno dei fondatori della cooperativa – ripeto Cooperativa, sostantivo oggi quasi dimenticato, calore di democrazia per tempi che si speravano “nuovi” -  nel nome del più stravolto dei Fratelli Marx, surreale e irriverente, muto commentatore con occhietti, boccacce e fischi delle clamorose vicende Vaudeville di segno yiddish degli altri quattro, personaggio perfetto per ciò che avevano in mente quelli del gruppo felsineo vicini a Radio Alice e Radio Città, “fiancheggiatori culturali” nel “rifiuto della lotta armata…che si poneva obiettivi che di fatto finirono per generare l’effetto contrario alle intenzioni: anziché contribuire a liberare le situazioni le richiuse, le limitò e, di fatto, le uccise”.

Nove album vennero incisi, approfonditamente analizzati a partire dal Dada sbrindellato e icastico degli Skiantos dello smaneggione Roberto Freak Antoni, già antivedette dei Demenza Precoce (un nome, un programma): “Inascoltable” la performance, pura improvvisazione di una notte, rozza e grezza provocazione, ridanciana e futurista, spernacchiata da gran parte del pubblico durante i Live. Ma il Bello era quello: esser derisi e provocare, quello che contava per urlare che Tutto doveva cambiare, ad iniziare dal gusto della gente. Altro discorso per la No Wave dei Gaznevada, sulla musica psicopatica dei quali si ballava l’antistandard “Italo Disco”, e per gli altri distruttori del Razionalismo e del Tradizionalismo (Luti Chroma, Windopen, Naphta, Sorella Maldestra, Veronique Chalot) di cui si leggerà nel libro del giornalista Catani, abile nel rievocare “un’epoca meravigliosa che, con ogni probabilità, non si ripeterà più”. Non spero abbia ragione, ma come dire il contrario?    

Fabrizio Ciccarelli

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