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Alessandro Angeli, Bloody Roots. La stella ardente di Billie Holiday, Arcana Edizioni 2024

In molti si ritengono capaci di scrivere una biografia, data la cospicua bibliografia che alcuni personaggi hanno ispirato, tra loro sicuramente una delle più frequentate “descritte” è Billie Holiday. Ma un fatto è redarre uno scritto critico/storico, altro è far parlare la “persona” immergendosi completamente nei suoi pensieri, nel suo modo di comporre le frasi e le idee, in quanto occorre una sensibilità particolare, un’empatia profonda. Billie occorre “averla guardata negli occhi” avendo respirato la sua stessa aria, le gioie ed i dolori, aver osservato con attenzione gesti e movenze, aver ascoltato i suoi dialoghi interni ed esterni senza mai la volontà di psicanalizzare, diagnosticare e giudicare. L’Autore non avverte l’urgenza di confrontarsi con opere d’altri né di risultare originale: una Billie Holiday davvero molto vicina alla pallida Gardenia triste con la quale amava farsi fotografare.

Volendo dire del libro narratologicamente si potrebbe ipotizzare un Monologo Interiore, uno Stream of Consciouness molto ben calibrato, così che, di fronte alle doti umane ed alle competenze antropologiche e musicologiche di Alessandro Angeli, il desiderio critico scompare quasi del tutto. Meglio immergersi nelle BLOODY ROOTS di Lady Day e nella sua “stella ardente”: Eleonora Fagan donna nera, qualcuno di “peggio” da immaginare nei farisei Stati Uniti dei suoi anni? Poco più che alfabetizzata ma in grado di scrivere testi bellissimi di struggente sentimento ed a volte di rabbia antirazzista, debole nella resistenza alla vita, alla costante ricerca di una dimensione affettiva che potesse darle forza e decisione nel compiere scelte ragionevoli e non autolesioniste in quelle letali assenze di autostima e in quella volontà di punirsi per tutte le colpe che si inflisse, da bambina violentata e prostituta adolescente maltrattata e indotta all’alcolismo e alla tossicodipendenza.

“Una voce unica, irriverente, la voce della sua anima…in grado di affrontare da sola la Grande Mela negli anni del proibizionismo…femminista senza saperlo e icona dei diritti degli afroamericani contro la logica perversamente razzista del segregazionismo statunitense”: così Angeli nella quarta di copertina, nulla da aggiungere.  

Nel Monologo ovviamente non c’è dimensione temporale diacronica: s’inizia con Billie nel letto d’ospedale e si termina con “una piccola nube di polvere che lentamente si disperde nell’aria” con un paio di poliziotti bianchi messi lì dall’FBI: Billie drogata e nemica del Sistema per la sua “Strange Fruit” quale atto d’accusa nei confronti del Potere Bianco , tallonata dalla meschinità “perfect people” dei Servizi Segreti. Come evidente nella sua esistenza, per il suo candore avrebbe perfino provato pietà per i suoi aguzzini, sia i governativi bianchi sia i mariti neri, ma noi non possiamo tacere come tal sorta di uomini appartengano, come ogni giorno vediamo, alla specie più spietata di questo Pianeta, di cui Lady, son gré, fece parte. 

Fabrizio Ciccarelli

Alessandro Angeli, Bloody roots. La stella ardente di Billie Holiday, Arcana Edizioni 2024, pp.113, 14 euro

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