Peter Gabriel, I/O, Real World Music/EMI 2023
Certamente chi segue la musica di Peter Gabriel non avrà sorprese, in fin dei conti un album con 24 tracce di rado riesce a stupire, e ognuno in questa “raccolta” di nuovo materiale dopo 21 anni dal meritato successo di UP potrà riconoscere quelle scelte sonore che hanno reso assolutamente riconoscibile il Sound dell’artista inglese. Nessuna sorpresa, dunque? In realtà no: il carisma delle interpretazioni, gli arrangiamenti, i costrutti armonici e l’impiego degli strumenti sono, a dirla banalmente, un “marchio di fabbrica” tra i più innovativi del Rock moderno (ma lasciamo perdere le definizioni: questa musica travalica i confini di genere) ed ogni pentagramma, volendo osservare il tutto da un ambito puramente tecnico, è definito alla perfezione, sobrio e denso di varianti emotive, anche se si ha la sensazione che a prevalere sia un certo Spleen di fondo che, a ben ricordare, preme sulla sua anima da tempo.
Alcune tensioni emotive ricordano i tempi entusiastici dei Genesis e non possiamo non esserne lieti, ma le più intense, oltrepassando il battito tachicardico di SHOCK THE MONKEY, rimandano a quella Real World Music che dal vivo sia teatralmente che dal lato performativo hanno lasciato a bocca aperta centinaia di migliaia di spettatori, come il sottoscritto.
I 12 brani sono presentati anche in due mix: il Bride Side curato da Mark “Spike” Stent, ed il Dark Side modellato da Tchad Blake, missati con cura e assemblati secondo, ritengo, la volontà di Gabriel, come sempre nella produzione dei suoi album, da sempre suo riconoscibile Trademark. A onor del vero la scelta di pubblicare un doppio cd così strutturato non mi convince del tutto poiché, in definitiva, sono pur sempre solo dodici brani e i remix possono dar la sensazione d’esser “riempitivi” per un tentativo discografico di ottenere il massimo ricavo col minimo sforzo. Come diceva il noto “divo” democristiano: a pensar male si fa peccato ma si indovina quasi sempre. La mia idea credo sia chiara, gli ascoltatori sapranno decidere, magari meglio di me…
Al di là di questo ragionamento e tornado a ragionare dell’album, ritengo noioso addentrarsi in un’analisi accademica della sintassi musicale di Gabriel; meglio lasciarsi andare alla profondità del suo vocalismo sinuoso e mai eccentrico nelle note alte, alle orchestrazioni, ai passi chitarristici di David Rhodes, al flou bassistico di Tony Levin, al timing vigoroso del batterista Manu Katché, al magnifico sintetizzatore di Brian Eno, alla lieve e intensa modulazione dei cori, ai paesaggi incantati di un plateau spesso intimista, crepuscolare, quasi sillabato con un senso di meditazione davvero avvolgente in PANOPTICOM, PLAYING FOR TIME, SO MUCH e I/O, il cui ritmo narrativo pulsa riflessivo nelle dilatazioni temporali, articolato con fluidi tappeti sonori in ROAD TO JOY, OLIVE TREE, nell’afro percussivo di THE COURT, nel visionario astrale di LOVE CAN HEAL, per concludere nel dark side mix del Grave di AND STILL, tra echi del passato e un Senza Tempo di un pianeta che, come Gabriel ebbe a dire più volte, “ci ospita secondo un tempo preso a prestito”.
Perché il titolo “I/O”? Forse l’abbreviazione di “Input/Output?”? Forse un riferimento alla luna di Giove? Sembra che Gabriel stesso abbia dato una chiave di lettura, riferendosi ad un Tutto che si connette al Tutto, filosofia che dovrebbe essere l’essenza dei rapporti umani. Credo sia così, vista la sensibilità in merito dell’artista inglese, ricordando la fondazione della label Real World Records nel 1989, creata per promuove la musica etnica, ovvero la World Music, quando portò alla conoscenza da parte del mondo del Sufismo dello straordinario Qawwali di Nusrat Fateh Ali Khan, del South Gospel dei The Blind Boys of Alabama, della rumba africana di Papa Wemba, del canto sardo sugli armonici dei Tenores dei Bitti (è cittadino onorario di Arzachena e spesso vive in una villa sul golfo di Cannigione). Erano i tempi del progetto WOMAD, dopo le magnifiche collaborazioni con Robert Fripp, Brian Eno, Youssou N’Dour, Daniel Lanois, Peter Hammill, Stewart Copeland, Laurie Anderson, Robbie Robertson e Joni Mitchell, delle colonne sonore di “Birdy” (Le Ali della Libertà di Alan Parker, gran film del 1985), del discusso “Passion”(The last temptation of Christ, 1989) di Martin Scorsese e dello spettacolo teatrale “Ovo”: nulla è andato perduto: nonostante tutto Peter Gabriel c’è sempre.
Fabrizio Ciccarelli
All tracks are written by Peter Gabriel
- "Panopticom" 5:13
- "The Court" 4:20
- "Playing for Time" 6:17
- "I/O" 3:52
- "Four Kinds of Horses"6:47
- "Road to Joy" 5:21
- "So Much" 4:50
- "Olive Tree" 5:59
- "Love Can Heal"5:59
- "This Is Home" 5:04
- "And Still" 7:41
- "Live and Let Live" 6:46
Total length: 68:09
Personnel, Principal musicians:
Peter Gabriel – lead vocals, backing vocals, treated vocals (on "And Still") keyboards, synths, piano (on "The Court", "So Much", "Olive Tree", "Love Can Heal", "And Still" and "Live and Let Live"), programming (on "Panopticom", "The Court", "I/O", "Road to Joy", "Olive Tree", "This Is Home", "And Still" and "Live and Let Live"), percussion (on "Four Kinds of Horses", "Love Can Heal", and "Live and Let Live"), manipulated charango (on "Road to Joy"), glass harp (on "And Still")
David Rhodes – guitars (except on "Playing for Time"), acoustic guitar (on "Olive Tree"), acoustic 12 string guitar (on "So Much" and "Olive Tree"), backing vocals
Tony Levin – basses
Manu Katché – drums (except on "Four Kinds of Horses", "So Much","Love Can Heal" and "And Still")
Ged Lynch – percussion (on "Olive Tree", "Love Can Heal", and "And Still")
Tom Cawley – piano (on "Playing for Time")
Evan Smith – saxophone (on "Olive Tree")
Josh Shpak – trumpet (on "Road to Joy" and "Olive Tree")
Melanie Gabriel – backing vocals (on "The Court", "Four Kinds of Horses", "So Much", "Love Can Heal" and "Live and Let Live)
Ríoghnach Connolly – backing vocals (on "Panopticom", "Love Can Heal" and "This Is Home")
Jennie Abrahamson – backing vocals (on "Love Can Heal")
Linnea Olsson – cello (on "Love Can Heal"), backing vocals (on "Love Can Heal")
Angie Pollock – synths (on "Love Can Heal")
Brian Eno – synths (on "Panopticom", "The Court", "This Is Home" and "Live and Let Live"), bells (on "Panopticom"), percussion (on "The Court"), rhythm programming and progressing (on "Four Kinds of Horses" and "Road to Joy"), electric worms and additional synths (on "Four Kinds of Horses"), manipulated guitar and ukulele (on "Road to Joy"), rhythm programming (on "Live and Let Live")
Oli Jacobs – synths (on "Panopticom", "Playing for Time", "I/O" and "This Is Home"), programming (on "Panopticom", "The Court", "I/O", "This Is Home" and "Live and Let Live"), piano (on "Four Kinds of Horses"), tambourine (on "This is Home")
Don-E – bass synth (on "Road to Joy")
Katie May – acoustic guitar (on "Panopticom" and "I/O"), percussion (on "The Court", "This Is Home" and "Live and Let Live"), Rickenbacker guitar (on "I/O"), synths (on "I/O"), rhythm programming (on "Four Kinds of Horses"), guitar effects (on "Love Can Heal")
Richard Evans – D whistle (on "I/O"), mandolin (on "Olive Tree")
Richard Chappell – programming (on "Panopticom", "The Court", "I/O", "Olive Tree", "And Still" and "Live and Let Live")
Richard Russell – filtered percussion (on "Four Kinds of Horses")
Hans-Martin Buff – additional percussion and synths (on "Road to Joy")
Ron Aslan – additional synths (on "Road to Joy")
Oli Middleton – percussion (on "This Is Home")
Paolo Fresu – trumpet (on "Live and Let Live")
Steve Gadd – brush loop (on "Live and Let Live")
Orchestral and choral musicians
Violins: Everton Nelson, Ian Humphries, Louisa Fuller, Charles Mutter, Cathy Thompson, Natalia Bonner, Richard George, Marianne Haynes, Martin Burgess, Clare Hayes, Debbie Widdup, Odile Ollagnon
Violas: Bruce White, Fiona Bonds, Peter Lale, Rachel Roberts
Cellos: Ian Burdge (including solo cello on "And Still"), Chris Worsey, Caroline Dale, William Schofield, Tony Woollard, Chris Allan
Double basses: Chris Laurence, Stacey Watton, Lucy Shaw
Trumpet: Andrew Crowley
Tenor trombone/Euphonium: Andy Wood
Tenor trombone: Tracy Holloway
Bass trombone: Richard Henry
Tuba: David Powell
French horn: David Pyatt, Richard Bissill
Flute: Eliza Marshall
Orchestra conductor: John Metcalfe
Orchestra leader: Everton Nelson
Orchestral arrangements: John Metcalfe, Peter Gabriel (on "The Court", "So Much", "Olive Tree", "And Still" and "Live and Let Live") and Ed Shearmur (on "Playing for Time")
The Soweto Gospel Choir: (on "I/O", "Road to Joy" and "Live and Let Live")[66]
Soprano: Linda Sambo, Nobuhle Dhlamini, Phello Jiyane, Victoria Sithole
Alto: Maserame Ndindwa, Phumla Nkhumeleni, Zanele Ngwenya, Duduzile Ngomane
Tenor: George Kaudi, Vusimuzi Shabalala, Xolani Ntombela, Victor Makhathini
Bass: Thabang Mkhwanazi, Goodwill Modawu, Warren Mahlangu, Fanizile Nzuza
Soloists: Phello Jiyane (Soprano), Duduzile Ngomane (Alto), Vusimuzi Shabalala (Tenor), Fanizile Nzuza (Bass), Victor Makhathini (Male voice Zulu improvisations), Phumla Nkhumeleni (Female ululating and chanting) (on "Live and Let Live")
Musical director / vocal arranger: Bongani (Honey) Ncube
Orphei Drängar: (on "This Is Home")
Conductor: Cecilia Rydinger [sv]
Choir arrangement: Peter Gabriel with Dom Shaw and Cecilia Rydinger
# da ascoltare in https://open.spotify.com/intl-it/album/2Rr46ynx6lOJnkbF2s9VXB?autoplay=true