norberto fedele-vibrazioni rock 1970-1977

Norberto Fedele, Vibrazioni rock 1970-1977. La grande ondata dei gruppi stranieri in Italia, Arcana 2024

Fu grande rock, ma non solo

Anni unici per i concerti dal vivo quelli tra il 1970 ed il 1977, performances spesso viscerali e non sempre adeguatamente curate dal lato tecnico data l’avventurosa perizia degli addetti al sonoro, ma senza dubbio dense di entusiasmo e di grandi novità per una nazione abituata al melodico sanremese o, per non moltissimi, al repertorio lirico e classico, qualcosa avvertito quasi come estraneo dal pubblico giovanile, in attesa di sonorità nuove e più vicine all’entusiasmo del fenomeno Beat ormai innalzato a immagine assoluta e anticonformista della “nuova era”.

La platea dai sedici ai ventisei anni ebbe l’occasione di conoscere ciò che di nuovo accadeva soprattutto nei paesi anglosassoni, dove la temperie sociale aveva assunto forme differenti sia politicamente sia socialmente come senso della partecipazione collettiva quale rito di massa dai connotati alternativi al “borghese benpensante”, ai riti frigidi del “take it easy” del quale ne avevano decisamente abbastanza, anche e forse soprattutto per le saette ideologiche lanciate dai vari energici movimenti del 68.

Le organizzazioni di tali eventi furono spesso piuttosto improvvisate, ma “i giovani promoter cresciuti sui modelli stranieri si inventarono quasi dal nulla un vero e proprio business, portando gli artisti d’Oltremanica e d’Oltreoceano che i ragazzi conoscevano solo attraverso l’ascolto dei dischi, la radio e la lettura di riviste patinate”, come osserva  Norberto Fedele sottolineando gli scontri con le Forze dell’Ordine in un “tourbillon di accadimenti che ebbero come colonna sonora, e comune denominatore, una musica magnifica e irripetibile”.

I Live ebbero luogo per lo più nei palasport, a volte anche in spazi creati in modo estemporaneo (giardini pubblici, vecchie ville di città, aree industriali dismesse, ex scuole decadenti, siti storici ignorati dalle amministrazioni locali) a prezzi – vale la pena ricordarlo – del tutto accessibili, talora poco più che simbolici, con l’opzione dell’ingresso gratuito dopo la prima parte del concerto qualora la ricerca dell’hai per caso cento lire? non fosse stata sufficientemente fruttuosa; oggi per molti concerti si chiedono 100-150 euro ed anche più (alludo ai vari sold out per mediocri italici e qualche star internazionale che ben poco ha ancora da dire, alcuni dei quali scandalosamente finanziati con denaro pubblico, invece che dar spazio a nuovi talenti e artisti di nome e di fatto).

All’esterno delle aree destinate a quei concerti molti piccoli banchi con vinili ad ottimo prezzo, qualche musicassetta “di straforo” incisa a casa propria con molta buona volontà, bruscolinari e caramellari, tavolacci variopinti con panini e birra, vinai rubicondi e qualche allungatore di spinelli che a nessuno dava fastidio; di Roba Pesante poca traccia: gli “sballati” se ne stavano in disparte e ben poco importava loro di quanto accadeva in quelle sere. La Psichedelia era già sul palco, nei fantasiosi abiti usati dei “capelloni”, nei panini con la frittata nella borsa di Tolfa, nelle copertine degli LP stampate sulle magliette, negli autobus notturni da prendere al volo dopo quattro o cinque ore di musica ed occhiate al cielo lassù che sembrava sempre certezza della bella serata quale stella da seguire.    

Passiamo alle memorie: 23 quelle ricordate dal Fedele, batterista e musicologo.

Mi limito a citare quelle cui presi parte: l’esplosivo Blues e Rhythm and Blues dei Rolling Stones, il prog celtico dei Jethro Tull, il Chicano dei Santana, il sinfonico visionario degli Yes, i colpi hard rock dei Deep Purple, il Sublime lisergico dei Pink Floyd, il Boom elettrico dei Led Zeppelin, il pregevole romanticismo dei Genesis, il sinfonico degli Emerson, Lake and Palmer, l’utopico folk jazz elettronico dei King Crimson, la fusion maleducata, sarcastica, cabarettistica e avanguardistica della Gibson SG del geniaccio maudit Frank Zappa e, al di fuori del popular in 4/4, l’Alternative Jazz di un gruppo di formidabili musicisti che ruotava intorno a Miles Davis, i Weather Report, band di ampie improvvisazioni e portentosi solismi, vero modello per le parabole creative di molte band negli anni 80 e 90.

Nostalgia? Certamente sì per “questo viaggio ricostruito attraverso articoli ed estratti dalle cronache d’epoca, testimonianze dirette e percorsi biografici”, nella quasi certezza che il fluire del Tempo abbia polverizzato certe prese di Coscienza e certe Ambizioni ormai spesso ridotte a frottole di banali capricci musicali.

Fabrizio Ciccarelli

Norberto Fedele, Vibrazioni rock 1970-1977. La grande ondata dei gruppi stranieri in Italia, Arcana 2024, pp. 339, € 21

 

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