Jimi Hendrix
Machine Gun, The Fillmore East First Show
Sony 2016
Con quella genialità fra le Ottave, con le immediate soluzioni per Soli liberi e disciolti, con quegli atti d’amore per il Blues nei magneti del Rock, con quell’universo visionario pieno di Amore e di Spleen, Jimi Hendrix si esibì al celeberrimo Fillmore East con un senso del Temporaneo lontano da ogni relazione con l’industria discografica, da poeta maudit qual era, apparentemente impassibile agli stress ma perforato dagli Acidi e dall’Alcol, con i quali obbediva alla necessità di una vita di esoteriche specularità emozionali, serrate e abbaglianti nel suono unico di una splendida Fender Stratocaster bianca.
Del resto, le sue immaginazioni si fondavano su equilibri distonici assolutamente perfetti per quel voler vivere al di sopra di ogni limitazione.
Bene, Hendrix fu con la Band of Gypsys nel famoso locale la notte di Capodanno del 31 dicembre 1969 : i brani del concerto vennero utilizzati per gli album “Band of Gypsys” e” Band of Gypsys 2”, senza mai esser stati pubblicati in versione integrale e completa, come nell’edizione della MCA Records.
Ora la Sony Records pubblica per intero la performance del First Show del 12/31/69 , esaltata soprattutto da soli dilatati e luminosi, da quell’impronta rivoluzionaria e lisergica che evidenziava noie e fastidi per tutto ciò che Jimi considerava al di sotto di quell’anima blues da Jam Session che intendeva come relazione essenziale per affermare appieno la propria distanza da quel Rock di maniera che in quegli anni pervadeva le Hit Parade e gli accatti radiofonici destinati, come sappiamo, ad un pubblico per lo più curioso circa la frigida evoluzione di una popular black music diffusa in modo differente ed “eufonico” dalle melodie “borghesi” di Little Richard, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Bill Haley e Bo Diddley, ma anche destinata per scaltra scelta politica ai giovanissimi soldati americani che combattevano la mefitica guerra del Viet-Nam (si veda, per chiarimento, il capolavoro di Francis Ford Coppola “Apocalypse Now” nell’episodio del diciottenne fante nero sulla “barca dei folli” alla ricerca del colonnello Kurtz).
Nell’album magnificamente rimasterizzato vengono “pulite” fonicamente le storture armoniche del mixer originale, e la tensione emotiva dei soliloqui viene riportata alla sua solida unicità visionaria, dimensionata nei fraseggi ed esaltata nelle asprezze medio-alte di una tastiera unica, inquieta, arrogante, acida e splendidamente assonante con il rapporto erotico (edipico?) che Hendrix ebbe con le Chiavi, i Pickups, il Tremolo, il Ponte ed il Potenziometro.
In “Machine Gun” l’Io del genio di Seattle è al culmine del trasporto psicologico, perfino negli ambigui rapporti con la discutibile ritmica di Billy Cox e Buddy Miles, in una sintesi fra spirito e materia che si trasla il proprio straniamento nel possente incipit di “Power of Soul”, nell’incendiario fantasma espressivo del Riff di “Lover Man”, nel ciclo oppositivo di “Hear my Train a Comin’”, prova immateriale e mistica di quanto egli avesse intuito la “coincidenza degli opposti” e la relativa attuabilità nella Mitologia delle 12 Misure per un completo stordimento della Storia del Rock, di cui egli stesso forse non aveva piena consapevolezza.
Di quanto Jimi fosse però consapevole del Tempo in cui viveva è prova tanto il Funk di “Changes” e di “Izabella” quanto il Simbolismo icastico di “Machine Gun” e l’espansione armonica degli effetti elettrici di “Ezy Rider” e “Bleeding Heart”, esaltata dalla sfida all’azione in Duo nelle vertiginose scalate soul, nelle distorsioni, nel feedback, nell’uso pischedelico del pedale Wah Wah e da un Pathos vocale volutamente scomposto in vibranti tonalità di” testa” ed afrodisiache variazioni nei Recitativi di ”sterno”, secondo un Vedere la Musica secondo quel Futuro Possibile per il quale, non a caso, quello straordinario scopritore di talenti che fu Miles Davis propose, in note conversazioni epistolari, un’entusiastica collaborazione.
“Machine Gun” è un’Ipotesi che resta assolutamente attuale nel percorso culturale del Novecento, semmai qualcuno riuscirà a trovare il senso profondo dell’originale dionisiaco entusiasmo, della disperata filosofica (in)concretezza, della sibaritica e onanistica “divina solitudine” che oppresse l’animo e al tempo stesso diede entusiasmi viscerali, esasperata illusione e brevissima felicità al più grande e complesso chitarrista che il Rock ricordi .
Fabrizio Ciccarelli
Jimi Hendrix-Guitar, vc; Billy Cox-bass & backing vc; Buddy Miles-drums & backing vc, lead vocals 4,7
1) Power Of Soul ;2) Lover Man; 3) Hear My Train A Comin’; 4) Changes; 5) Izabella; 6) Machine Gun; 7) Stop; 8) Ezy Ryder; 9) Bleeding Heart; 10) Earth Blues; 11) Burning Desire