La rinascita della filosofia oggi: natura e dialogo
Una lettura del libro di Orlando Franceschelli, Dio e Darwin, Donzelli Editore pp. 168 € 12,50
Dio e Darwin, il cui importante sottotitolo recita «Natura e uomo tra evoluzione e creazione», è il frutto di un lungo percorso di ricerca filosofica che ha impegnato per anni l’autore, Orlando Franceschelli, professore di filosofia e storia al liceo e poi docente universitario presso la facoltà di filosofia dell’Università «La Sapienza» di Roma.
Un libro dunque che, in virtù del titolo, ci si potrebbe attendere essere stato scritto da uno scienziato o da un teologo e invece è il frutto del lavoro di un filosofo. Un filosofo, Orlando Franceschelli, che in questo suo lavoro si preoccupa innanzitutto di dare cittadinanza proprio alla filosofia in un dibattito che negli ultimi anni ha visto incrociare le lame dei diversi dogmatismi di ordine teologico e di ordine scientista; si preoccupa di preservare un sapere critico in grado di confrontarsi sia con le inaggirabili conquiste della scienza sia con le intime sensibilità della fede; in grado, quindi, di dare e chiedere ragione agli altri in un «dialogo della plausibilità» che, riconoscendo qualunque interlocutore che faccia sul serio con la propria ricerca, esige anche la plausibilità dell’interlocuzione della filosofia. Quale filosofia? Una filosofia che rifiuta il pensiero metafisico da una parte e, per altro verso, non indulge a risoluzioni di ordine nichilistico. Ancora meglio: una filosofia che, emancipata da ogni ordine di metafisica, pretende di non essere schiacciata sul nichilismo. In questa direzione il concetto centrale su cui Franceschelli ha svolto una lunga ricerca, che tesaurizza in una mirabile sintesi nelle pagine di questo libro e che costituisce l’architrave filosofico del libro è il concetto greco della physis, il concetto di natura. E per questo poi l’interesse per il discorso di Darwin e di quel complesso mondo di scienziati della cosiddetta «sintesi neodarwiniana» che, insieme ai teologi e ai filosofi vengono richiamati in una bibliografia che lascia intendere al lettore il grande lavoro e il grande dialogo che sorregge questo libro. Cosa deve fare insomma la filosofia oggi? Innanzitutto confrontarsi con la via inaggirabile della scienza e della strada che ha avuto in Darwin il pioniere di una ferma rinascita di una spiegazione naturalistica del mondo e della natura umana; confrontarsi con Darwin e gli scienziati della «sintesi neodarwiniana» per poi riformulare una visione concettuale che dia un’interpretazione naturalistica del mondo e dell’uomo come «particula naturae». Diceva Darwin: «ateo mai» e infatti a Franceschelli non interessa ciò che di privativo ci può essere nella filosofia rispetto alla teologia o ad altro; interessa innanzitutto ciò che di costitutivo c’è nella filosofia. Il nostro autore lo individua appunto nel concetto di natura che egli, nel confronto con la teologia, distingue da quello di creato; stigmatizzando non poco chi parla di una natura creata. Gli intendimenti del mondo sono due: da una parte quello della tradizione giudaico-cristiana (secolarizzato perfino da alcune filosofie) per cui il mondo è un prodotto della scienza, della potenza e dell’amore stesso di un ente trascendente; d’altra parte quello di chi pensa a una natura sempieterna che non riceve la vita ma è essa stessa vita; che non riceve una regola ma che, proprio come ha dimostrato plausibile Darwin, è essa regola a se stessa. In questo senso Franceschelli richiama già dagli albori della filosofia presocratica una testimonianza emblematica, quella del frammento 30 di Eraclito in cui il filosofo dice chiaramente e in maniera appunto paradigmatica come: «Questo ordine universale che è lo stesso per tutti, nessuno degli dei o degli uomini lo ha fatto ma sempre era, è, sarà fuoco sempre vivente che si accende e si spegne secondo giusta misura». Una citazione paradigmatica a cui, sempre negli albori lucenti della filosofia presocratica, segue il richiamo di un passo di Empedocle in cui lo stesso Darwin vide un’anticipazione sorprendente della sua teoria dell’evoluzione. Riporta Aristotele infatti nella sua Fisica il pensiero del filosofo agrigentino secondo cui «quegli esseri in cui tutto si è formato come se fosse accaduto in vista di un fine, si sono conservati per il fatto che dal caso sono stati costituiti in modo appropriato; quegli esseri viventi, invece, in cui tutto ciò non è accaduto, sono periti o stanno perendo»; è una via totalmente altra dal creazionismo che, ci indica Franceschelli, è stata oscurata dall’affermazione della tradizione giudaico-cristiana e che perfino nella scienza di Newton fino alla filosofia di Kant non ha completamente recuperato se stessa. In questo senso il nostro autore, traduttore italiano di Karl Löwith, filosofo tedesco del Novecento, richiama proprio un’espressione di Löwith che è emblematica per dire quale sia stata la fatica della stessa scienza moderna a emanciparsi da una visione creazionista del mondo e dell’uomo; quella della scienza moderna newtoniana è ancora una «fisica senza phisis» ovvero una natura la cui esistenza e le cui regole continuano a essere l’opera di un’ente che trascende la natura o, meglio, quello che è ancora il creato. Il lavoro di Franceschelli mette in evidenza come appunto per lo stesso Kant, il più illustre rappresentante dell’illuminismo moderno, rimanga «assolutamente certo che noi non possiamo imparare a conoscere sufficientemente, e tanto meno a spiegare gli esseri organizzati e la loro possibilità interna, secondo i principi meccanici della natura; e questo è così certo che si potrebbe dire arditamente che è umanamente assurdo soltanto concepire una simile impresa, o lo sperare che un giorno possa sorgere un Newton, che faccia comprendere sia pure la produzione d’un filo d’erba per via di leggi naturali non ordinate da alcun intento: assolutamente bisogna negare agli uomini questa veduta». Bene, Franceschelli, muovendosi sapientemente fra i testi di Darwin, individua proprio nella teoria dell’evoluzione darwiniana quella svolta epocale che sorregge la plausibilità della rinascita del naturalismo filosofico; quel naturalismo filosofico che permette alla filosofia di riappropriarsi di se stessa dopo un lungo esilio che l’aveva voluta ancilla theologiae per molti secoli (da quelli medievali della Patristica, della Scolastica, ma ancora, come si è detto, non del tutto affrancata nei secoli dell’età moderna se non per le intuizioni di Spinoza e di Hume). E la filosofia, nel suo spirito socratico, argomenta Franceschelli, dopo aver ritrovato se stessa, non esige altro che quello che egli chiama «il dialogo della plausibilità». Non a caso il titolo del suo libro, e qui si vede la mano del filosofo proprio nel titolo, non è Dio o Darwin ma Dio e Darwin; per il nostro autore i concetti fondamentali da cui la filosofia può ricominciare dopo Darwin sono il concetto della physis, della natura, e quello del dialogo; un dialogo che spesso ai nostri giorni, lascia intendere Franceschelli, diventa parodia del dialogo lì dove, anche ai più alti livelli, prima di parlare non si distingua bene tra filosofia e teologia e ci si risolva arditamente a fagocitare la filosofia nella teologia. Il nostro autore indica al lettore un vasto schieramento di teologi che si sono tenuti al riparo da questa tendenza e che hanno essi stessi provato a ripensare Dio dopo Darwin; ed anche su questo punto il libro è sommamente illuminante, sia fra le pagine del suo studio che in quelle finali della indicativa bibliografia. La filosofia, insomma, non chiede abiure a nessuno (menochemmai a chi faccia sul serio con la propria ricerca di fede) ma resta anche salda nel non abiurare rispetto a se stessa; il che, dopo Darwin e la rinaturalizzazione del mondo e delle capacità intellettuali, morali, politiche ed estetiche dell’uomo, è impresa che riesce più semplice anche rispetto alle malintese svolte delle filosofie della secolarizzazione o al titanico tentativo di Nietzsche che dal recupero del concetto di natura si lascia poi condurre fra le secche morali della «volontà di potenza». Franceschelli, dopo il confronto con Darwin e un più disteso riappacificamento della filosofia con se stessa, nella Postfazione aggiunta alla seconda edizione di questo libro molto fortunanto anche nell’apprezzamento del pubblico, ci parla del frutto più bello della naturalizzazione del mondo e dell’uomo: il frutto, sbocciato sempre nella prospettiva di una benintesa teoria dell’evoluzione, per cui usa la bella espressione di «una saggezza dell’ecoappartenenza solidale». Una riconciliazione dell’uomo con la filosofia è il miglior viatico di una riconciliazione dell’uomo con l’uomo e con lo stesso ambiente (cosa oggi assai urgente); temi che il filosofo sviluppa nel lavoro che segue a Dio e Darwin (2005) e che ha il titolo di Darwin e l’anima (2009).
Dello stesso autore, oltre a Dio e Darwin e Darwin e l’anima, segnaliamo, sempre per Donzelli Editore, La natura dopo Darwin (2007) ed Elogio della felicità possibile (2014).
Giuseppe Cappello