Brian Eno: Sisters (Generative Music 2017)
Geometrie lisergiche e Moto perpetuo.
Innanzitutto vogliamo uscire, prima ancora d’averla presa in considerazione, dalla querelle circa la gestazione dell’album, a parere d’alcuni inficiata dal fatto che i brani siano gratuitamente scaricabili da chi abbia acquistato l’App ideata da lui stesso con il software designer Peter Chilvers, che produce un flusso ininterrotto di musica basato su permutazioni degli elementi sonori di “Reflection” (Warp 2017) selezionati da un sistema di algoritmi.
Sull’argomento puramente informatico rimandiamo alla lettura di articoli di altri, più competenti ed interessati del sottoscritto circa il significato tecnologico dell’operazione: francamente interessa poco la vicenda “autocratica” ed ancor meno il presunto isolazionismo cui Brian Eno si sarebbe dedicato per ineludibile convinzione circa una passività totale del gesto artistico attuale. Lasciamo ad altri il filosofeggiare circa le astratte pulsioni che egli avrebbe voluto esibire con tale disponibilità al di fuori del mercato discografico, per passare invece alla visionaria sonorizzazione dei suoi mondi d’energia, all’incontro con le forze espressive diverse e parallele dove il Suono, il Suono Puro, è destinato ad esprimere una “morte della musica occidentale”, estesa dal “Gott ist tot” di Friedrich Nietzsche.
Eno colora l’anima abusata dal razionalismo musicale con composte ed originali sequenze algoritmiche nelle quali il dato matematico e pitagorico del flusso musicale, esistente e pre-esistente ad ogni alternarsi delle Note, si fa Umano nei Memorabilia di Suoni Cosmici dedicati all’immaginaria vicenda delle quattro “sorelle” cui alluso Eno stesso, Suoni gemelli e Variabili incostanti dei brani contenuti in “Reflection”: quattro Non Storie della medesima durata di 15 minuti e 14 secondi, e chissà che non vi sia divinazione numerologica e significato esoterico, del resto già in Pitagora e nelle teorie sulle Armoniche dell'alfabeto.
Certi che all’eclettico Eno non dispiacerebbe, proviamo a giocare: 15 minuti x 4 = 60 (360 secondi) 14 secondi x 4 = 56 secondi: 360+56 = 416 > 4+1+6 = 11. La Simbologia del numero Undici indica la rappresentazione suprema dell'illuminazione e dell'ottica visionaria. Vedere, quindi, oltre l'apparenza fino a raggiungere il vero assoluto. Oppure il tempo totale di 60’55’’ > 6+5+5= 16= 1+6 = 7, che per i Pitagorici era il numero della perfezione ciclica, associato geometricamente al cerchio (cfr. Musica Ciclica), al cabalismo della spiritualità ma anche della solitudine e della completezza, al “settimo giorno” della perfezione divina…
Mah, abbiamo solo giocato…o forse no.
Senza esigenze di definizioni, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una performance offerta non alla passività dell’Uomo di Massa bensì alla creatività dell’ascolto dell’Uomo attivo, mirabile Apax di un’Alchimia che la New Economy del Sound computerizzato vorrebbe ridotta al Nulla Emotivo. Probabilmente Eno non gesta nell’avanguardia della Resistenza contro il capitalismo discografico, non divaga nel Verbo paradisiaco dell’esotica cibernetica dei Suoni Elettronici, degli Sperimentalismi Ambient e delle Suggestioni vezzose dell’Inesplorato musicale. Piuttosto riconduce ad un battito emotivo più spontaneo di quanto s’immagini, fluido, lirico, tenue, predestinato ad esprimere la complessa naturalezza di tutti e proprio tutti i Suoni dell’Anima.
Che si sia spiegato oppure non spiegato il Mistero Musicale del dotto aristocratico Brian Peter George St. John Baptiste de la Salle Eno importa il Giusto: piaccia o non piaccia, le grandi rivoluzioni sono state opera degli intellettuali (che, del resto, non hanno mai avuto obbligo nel proprio tempo per il besoin absolu de travailler). E lui, sul promontorio estremo dei Sintetizzatori, tecnico multimediale, grafico eclettico, meditante visionario, videoartista e teorico della Discreet Music, ideologo delle sibilline atmosfere dei Sottofondi World, immaginiamo componga Suoni nel suo splendido Verde Latifondo Inglese con quel giusto disinteresse per le spazzature del piacere di massa e per le cosmogonie discografiche di cui, con elegante sorriso, pensiamo bellamente se ne freghi.
Forse Umberto Eco avrebbe parlato di “opera aperta”, forse Socrate avrebbe detto di Maieutica, forse Leopold Stokowski avrebbe ricordato come “i musicisti dipingano i loro quadri sul silenzio”, forse Maurice Ravel avrebbe sottolineato come “la musica debba toccare le emozioni prima, l’intelletto poi”.
Un “Crepuscolo degli Idoli”, così come Friedrich Nietzsche ebbe a riflettere circa l’ineguagliabile forza espressiva della profezia metastorica del “Crepuscolo degli dei” di Richard Wagner: Musica libera, immaginifica, diversa, una geometria lisergica dal moto perpetuo sulla quale Eno lavora fin dalle bellissime istallazioni degli anni 80 (che vidi a Roma alle Scuderie del Quirinale, se non erro denominate “Place #18”).
Se ne dirà ancora fra qualche secolo.
Fabrizio Ciccarelli
PS: l’ album si scarica gratis in MP3 da 320 kpbs, basta cercare sul web.
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