STANIC BOULEVARD, Verve 2019
Stanic è il quartiere operaio alla periferia di Bari costruito negli anni 50 secondo un’urbanistica a dir poco discutibile, e tutt’altro che casuale è la scelta di dar questo nome sia alla band che all’album da parte di quattro jazzisti che hanno nell’anima pulsazioni elettriche, energiche e fiammanti di Blue Notes dal sapido tenore newyorkese, alterato, per un certo modus vivendi dichiaratamente italico, nel massimo Groove possibile.
Del resto la Filosofia è Jazz, come asseriva Ornette Coleman intervistato dall’epistemologo francese Jacques Derrida nel giugno del 1997; e, per estensione, il Jazz è Filosofia, soprattutto Filosofia dell’Incontro. Dunque potremmo chiederci perché mai dar voce musicale ad un quartiere complesso di una città spesso annichilita dalla criminalità e dal malaffare politico, contrapposto ai Viali (boulevards) della città elegante per eccellenza, Parigi; la risposta è nel comunicato stampa di Guido Gaito: “La strada immaginaria che unisce idealmente due luoghi distanti, un non-luogo da cui è possibile rinascere”. La risposta è anche nella Musica, perché variazioni ritmiche e Luci brillanti di creatività segnano con esecuzioni dense di sentimento contemporaneo le inquietudini di un percorso spesso aspro nelle dizioni strumentali, visionario nella strada scelta per descrivere un Sound “metropolitano” cui difficile chiedere di meglio, avendo nella memoria quanta creatività sia nata, nel corso della Storia del Jazz, dagli “angoli spezzati” fumosi e frenetici di clubs per tanti tanti artisti (boppers, hipsters, improvvisatori free ) consapevoli di quanto l’espressività sia sempre Segno di una Società che matura soprattutto nelle contraddizioni.
L’Antitesi-Epentesi chiede soprattutto Istinto per un Jazz d’Oggi esteso in movimenti Progressive e Hard Bop di controtempi agili e avvolgenti (More or Less), in espressive agitazioni elettriche per i magneti di Fabio Pignataro, le corde bassistiche di Viz Maurogiovanni e l’estro batteristico di Pierluigi Villani (Escape for the Soul), nei distillati tastieristici di Mirko Maria Matera (Tomorrow we’ll see), nel “suono nudo” arabeggiante e luminoso di Khamsin e soprattutto nell’eclissi di pura bellezza per l’affabile e morbida tornitura della modern ballad Svandea.
Pubblicato dalla storica etichetta Verve, nei confronti della quale almeno il 20 per cento del Jazz mondiale è debitore, Stanic Boulevard è un gran bel disco di libertà d’incroci, di fusioni, di dizioni originali che lasciano Tempo e Senso ad un Viaggio fra incontri a Sole alto, colloqui crepuscolari e monografie notturne.
Fabrizio Ciccarelli
Mirko Maria Matera: piano, electronics, synth, vocoder
Fabio Pignataro: acoustic & electric guitars
Viz Maurogiovanni: bass
Pierluigi Villani: drums, percussion
01 More or Less (Matera)
02 L’inverno e Altre Storie (Pignataro)
03 Impromptu #1 (Villani)
04 Escape for The Soul (Maurogiovanni)
05 Tomorrow we’ll see (Villani)
06 Impromptu #2 (Stanic Boulevard)
07 The lonely axeman (Maurogiovanni)
08 Svandea (Pignataro)
09 Impromptu #3(Stanic Boulevard)
10 Khamsin (Matera)
Ufficio stampa Guido Gaito This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.