Ezio Bosso, The 12th Room, Sony Classical 2016, ried.2020 in vinile
Ezio Bosso in un disco in solo, come da sempre desiderava il direttore d’orchestra. Ora, a poco dalla sua scomparsa, abbiamo il piacere di riascoltare le sue composizioni al centro di un minimalismo espressivo che è anche centro dei suoi valori esistenziali, del suo entusiasmo, della sua capacità di comunicare in modo mai sofisticato, diretto, semplice nel senso più nobile del termine.
Non a caso l’album è stato registrato quasi interamente dal vivo nel settembre 2015, durante una serie di concerti tenuti a Gualtieri (Reggio Emilia) e la postproduzione è stata minima perché desiderio di Bosso era quella di mantenere l’atmosfera da concerto, pura, immediata, vera.
Che tra sua note ci fossero Bach, Chopin, Ravel e Debussy era apparso chiaro fin dalle prime esibizioni, così come chiaro è il suo tributo alla musica contemporanea, anche agli azzardi dell’avanguardia di John Cage, al flusso dilatato e malinconico delle articolazioni melodiche di uno spettro armonico ampio ed estremamente sensibile, perfino al limite dell’iterazione libera e composta di Philip Glass, ampliando al massimo le possibilità espressive offerte dalla tonalità e dalla suggestione per quella nouvelle vague impressionistica tracciata, tra gli altri, dalla raffinata poetica di Brian Eno.
Bravissimo didatta di grande empatia per chiunque ne abbia visto lezioni e performance, Ezio Bosso in The 12th Room agita uno stile pensoso, ispirato al Sublime, all’autodescrizione di un Pathos per così dire “cameristico”, che personalmente avverto molto lontano dall’attento virtuosismo di tanti pianisti classici o, mutato genere e disposizione, dal perfetto e talora algido equilibrio di Keith Jarrett, dal jazz rivoluzionario di Paul Bley o dal lirismo postmoderno di Brad Mehldau.
La sua interpretazione appare emancipata e l’atmosfera si distende in un Ambient tout court, in una dimensione ciclica e metafisica cui del resto Bosso stesso alluse all’indomani della pubblicazione del doppio album, riferendosi chiaramente al “Libro di Dzyan” (antico manoscritto tibetano, “libro maledetto” di Mistica citato da molti scrittori che si sono occupati di dark fantasy e misteriosofia*) : “C’è una teoria antica che dice che la vita è composta da dodici stanze. Sono le dodici in cui lasceremo qualcosa di noi, che ci ricorderanno. Dodici sono le stanze che ricorderemo quando passeremo l’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E quindi si può tornare alla prima. E ricominciare”. Così è. Basta ascoltare.
Fabrizio Ciccarelli
Disco 1
Bosso: Unconditioned, Following a Bird (Out of the Room)
Chopin: Preludio Op. 28 No. 20 (The Burned Room)
Bach-Bosso-Siloti: Stanza BWV855a dalla cantata in Si minore (The God's Room)
Chopin: Preludio No. 8 Op. 28 (The Dark Room)
Bach- Bosso: Stanza No.2 (The Breakfast Room)
Chopin: Preludio No. 6 Op. 28 (The Painroom)
Bach: Preludio No. 1 dal Clavicembalo Ben Temperato BWV846 (The Building Room)
Bosso: Split, Postcards from Far Away (The Tea Room)
Gluck-Sgambati: Una, melodia di Gluck (The Therapy Room)
John Cage: In a Landscape (The Smallest Room)
Bosso: Missing a Part (The Waiting room G)
Bosso: Emily's Room (Sweet and Bitter)
Disco 2
Bosso: Sonata No. 1 in G Minor for Solo Piano (The 12th Room)
Adagio doloroso, Verso il brio, Con furore, Al tempo primo. (Entering the Rooms)
Trio: Sospeso, Dolcemente, Con moto, Agitato. (Dressing the Rooms, Imaginary Room Mates)
Finale: Allegro molto, Calmo, Presto, Danza. (The 12th Room)
*Citiamo in brevità l’opera più importante della mistica russa fondatrice della “Società Teosofica” Helena Petrovna Blavatsky (il “Libro” è argomento principale de “La dottrina segreta”, opera di teosofia pubblicata nel 1888, ispirata dal linguaggio iconografico del manoscritto tibetano, Marco Valerio Editore 2011) e “Le montagne della follia” di Howard Phillips Lovecraft (Il Saggiatore 2015), racconto della storia dell'umanità che comprende interventi di esseri spaziali, lotte fra questi e i primitivi abitanti del nostro pianeta, che sarebbero stati intelligenti, ma non umani; catastrofi dimenticate e concrete possibilità di un "ritorno", più o meno minaccioso, dei Grandi Antichi che, in un lontano passato, erano stati costretti ad allontanarsi nelle profondità siderali. Ne parlano, fra l'atro, il matematico e astronomo Jean Sylvain Bailly (1736-1793), il noto occultista Louis Jacolliot (1837-1890) e Valentino Compassi nel suo “La colonna di fuoco”(Mondadori 1993).
Ascoltare l'intero album: https://www.youtube.com/watch?v=V0bypLMtGdI&list=PLzOUIRlpumlp6PnU26aE2v2bsYpFPMWkM