Scrivere del jazz. Scrivere jazz
Nicola Vacca, Arrivano parole dal jazz, Oltre Edizioni, 2020, pp. 94, euro 14
Di questo bel libro, bello e originale, di Nicola Vacca (poeta, critico letterario, blogger) si potrebbe parlare in tanti modi. Si potrebbe dire che è un omaggio a una passione musicale declinata in forma poetica; oppure un compendio di mini-biografie, di ritratti di grandi personaggi del jazz colti in uno o più aspetti peculiari con una pennellata che resta ben impressa nella mente del lettore: poche incisive parole, dove il ragguaglio tecnico è del tutto subordinato a quello espressivo e sentimentale, per parlare di Chet Baker, Miles Davis, Enrico Rava, Sarah Vaughan, Nina Simone, Ella Fitzgerald, Keith Jarret, Charles Mingus, Thelonius Monk, Herbie Hancock, Art Blakey e tanti altri; oppure un esperimento letterario dove s’incontrano dialogicamente e provvidenzialmente diverse arti popolari: la poesia, la musica, il disegno (ad ogni poesia, infatti, si affiancano i romantici schizzi di Alfonso Avagliano e il libro si chiude con un’interessante playlist di Tommaso Tucci).
Direi, però, che questo è soprattutto un libro di poesie, dove l’oggetto è il jazz, ma il soggetto è il poeta che lo veste, che gli cuce letteralmente addosso una lingua nuova e personale, ed è attraverso questa lingua che l’oggetto arriva a noi, così come non l’avevamo mai conosciuto.
Arrivano parole dal jazz, appunto! Se poi queste parole ci fanno “sentire” anche suoni che strappano dallo sconforto e dallo spleen, e riempiono l’anima di una gioia tanto malinconica quanto incontenibile, se ci consentono di immergerci, o addirittura di identificarci, nel “blues straziante e nello “swing avvincente” di Duke Ellington o nelle “note strozzate” di Charlie Parker o nella “voce pura e malata” di Billie Holiday, se queste parole ci danno l’idea di essere meno soli nell’universo e ci avvicinano ad altri esseri umani, questo è soprattutto merito del poeta e della sua capacità di improvvisare su un tema fondamentale: le domande e i bisogni perenni, e spesso inappagati, dell’uomo. Qualunque oggetto il poeta tocchi, lo sappiamo, viene trasfigurato e passa fortunatamente dallo stato della realtà a quello del sogno. Questo fa Nicola Vacca con il jazz. Scrive di jazz e, in un certo senso, lo scrive! Soprattutto - come rivela lui stesso nel finale - “nelle giornate di pioggia”.
Stefano Cazzato