Fabio Accardi, Breathe, Mordente Records 2020
Il fiato, l’alito vivente, il respiro del Mondo sembra sia il desiderio musicale di Fabio Accardi, un Breathe di jazz contemporaneo attratto da tesi compositive di grande piacevolezza, coniugate nella moderna accezione di Quintetto e nell’ interconnessione con linguaggi ondeggianti di Fusion e World, come evidente sia nelle partiture originali del batterista sia nei suoni ventosi e avvolgenti di Gaetano Partipilo al sax alto e soprano, nei bei registri della chitarra elettrica di Francesco Poeti, nella triade Claudio Filippini al piano, Giorgio Vendola al contrabbasso e lo stesso Accardi, autore di un drumming equilibrato e inventivo, agile nell’uso dei piatti e nelle variazioni rullante-charleston.
Le linee melodiche tessute dal Partipilo costituiscono un reale valore aggiunto nel plateau stilistico dell’album in quanto creano un’atmosfera estremamente affabile, cantabile, armoniosa e ben amalgamata con i magneti del Poeti ed il fluido fraseggio del Filippini, per inciso uno dei pianisti più interessanti nel panorama del Jazz italiano.
Breathe è un ottimo appuntamento con l’estensione della creatività delle Blue Notes contemporanee sia da un punto di vista espressivo che cromatico, lineare in quelle scelte estetiche che vorrei dire poetiche, dense d’un sentimento impressionista tenuto in prima luce da arrangiamenti congrui alla natura dei sei brani scritti dal drummer e, soprattutto, dalla lettura di Daydreaming dei Radiohead, intenso parto visionario di un alternative rock di amore-sogno-luce fuso nel magma più acido della psichedelia anni 70, ridipinto secondo linee meno frastagliate ma altrettanto potenti nell’essenza lirica delle magnifiche vibrazioni crepuscolari sia dell’archetto per contrabbasso di Giorgio Vendola che della caustica forza espositiva del sax e del vibratile tappeto sonoro offerto dalle punteggiature piano/chitarra e da un drumming versatile e quanto mai ispirato. A tanto s’aggiunga lo sgargiante incipit Let the Earth Breathe!, il Pathos di Once Upon a Time, la delicata ballad Lullaby for a Little Angel e, solo nella versione in vinile, Nature Boy del beatnik Eden Abhez (portata al successo da Nat King Cole, Ella Fitzgerald, Miles Davis, Kurt Elling e persino da Mina e David Bowie) qui cantata dalla brava Serena Fortebraccio.
Fabrizio Ciccarelli
Fabio Accardi drums and composition
Gaetano Partipilo alto & soprano sax
Claudio Filippini piano & electric piano
Francesco Poeti electric guitar
Giorgio Vendola double-bass
Serena "Armstrong" Fortebraccio vocal
Da ascoltare:
https://www.youtube.com/watch?v=M_9y8kd4tbA
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https://www.youtube.com/watch?v=yHo1ei2WO7Q&list=PLt28Ga80hy5R77Wr7vXec9xDosoZCA4Q8