Francesco Maccianti, Attese/Live at Lyceum Club Internazionale di Firenze, Abeat 2020
Sono convinto che l’anima di un pianista, con tutte le sue più profonde connessioni, si manifesti con chiarezza nelle performance in Solo, come conferma la discografia dei più grandi di ogni tempo.
Ora, in questo Live (altro segno dell’anima è questa scelta) la delicatezza, l’affabilità, la chiarezza, la fluenza stilistica eclettica di Francesco Maccianti escono in solidissima tecnica strumentale con la capacità di spaziare con agilità su sette partiture originali di una raffinatezza che non diremo ricercata, semmai spontanea ed insita nel sentimento e nella sue eterne variabili che si traducono in sortite melodiche, nello spazio etereo dedicato alla riflessione, nel lirismo caldo e spesso crepuscolare così come negli accenti passionali ed in quella Variatio che è sempre indice di cultura e di conoscenza di se stessi e del mondo.
Attese è un album che dice d’un’anima blues che sa eseguire ogni passo con tutti i crismi del Jazz da Art Tatum a Bill Evans, un album che è la storia intima di un seduttore del piano capace d’unire visioni monkiane (Falling Up) a sottili fragilità impressioniste (Attese), elegia assorta in forma di ballad (Requiem) allo swing della magnifica popular song Exactly Like You di Jimmy McHugh (come dimenticare le superbe versioni di Erroll Garner, Nina Simone, Oscar Peterson con Count Basie, Dizzy Gillespie con Stan Getz, della superlativa Ella Fitzgerald nel prodigioso “Late Show” a Chicago nel 1958?).
Dietro e avanti le collaborazioni con Pietro Tonolo, Eliot Zigmund, Joe Chambers, Eddie «Lockjaw» Davis, Harry «Sweets» Edison, Sal Nistico, Mario Schiano, Massimo Urbani, Misha Mengelberg e Han Bennink (che nomi!) s’intuisce la via intrapresa da un pianista che ama, e non poco, Thelonious Monk, Aaron Goldberd e Bill Evans; un pianista la cui spiritualità ed senso del Tempo sono appunto Attese, aspirazioni- previsioni -aspettative, una filosofia dell’Attesa in uno stato metafisico che è Elogio dell’Attesa.
Ludwig Wittgenstein asseriva: “l’attesa è attesa di questo ma il sopraggiungimento di quello”. Dunque non l’atrofia dell’ “Oblomov” di Ivan Gončarov , dello “Straniero” di Albert Camus o dell’ “Uomo che dorme” di Georges Perec, ma l’ “attendere” di Martin Heidegger, evidente in questo Jazz di sensazioni e di percezioni all’insegna della recente dichiarazione del pianista fiorentino:
«Dovresti cercare di fare la musica che ti piacerebbe ascoltare».
Dunque Vivere come vorresti vivere, e dunque Suonare ciò che davvero “suona” nell’anima.
Fabrizio Ciccarelli
Francesco Maccianti piano solo & composition except 8 by Jimmy McHugh
1.Attese 7.09
2.Falling Up 8.57
3.Solstizio 7.34
4.Palomar 5.31
5.Hombres 9.59
6.Requiem 7.18
7.Cubic Dance 11.16
8.Exactly like you 5.55
http://www.abeatrecords.com/catdetail.asp?IDprod=352
un ascolto streaming:
https://open.spotify.com/album/1ZXfW6NFvlsqBH3wRgCSA3
https://music.apple.com/it/album/1540788833?app=itunes