Stefano Bollani, Joy in Spite of Everything

Stefano Bollani

Joy In Spite Of Everything

ECM 2014, distribuzione Ducale

Con quella nonchalance che Bollani importa in ogni disco in cui compare, anche stavolta sembra proprio che tanto le sue luci quanto le sue ombre non attendano altro che essere poste nel primo piano del proscenio, in pieno accordo con ottimi comprimari capaci d’intuire cosa l’eclettico e “gigione” pianista abbia in mente per mostrare (e dimostrare) la propria mediterranea abilità nell’ evolvere ogni discorso musicale in osservazioni ironiche e sensoriali che, Honi soit qui mal y pense, gli riconosciamo con stima e simpatia.

 

Il processo di crescita speculativa di Bollani è da tempo iniziato, e non conosce momenti di confusione né sembra in alcun modo andargli stretto, né avvertire la necessità di scoprire lati sibillini che, eventualmente, possano attivare qualche potenzialità oscura.

Egli comprende le proprie esigenze, le ascolta con attenzione, le rispetta e le integra con un forza inventiva da maturo proscenio, meditando sulla qualità della comunicazione, da jazzista “responsabile” qual è, instaurando un dialogo tanto istintivo quanto efficace con ogni strumentista gli passi accanto. In effetti, i suoi Monologhi si rispecchiano perfettamente nell’incontro con altri Assoli, e particolarmente con quelli fotopici e ritrattistici di Bill Frisell, la cui apertura mentale coglie l’attenzione del pianista che, nei colori della tastiera, riconosce le proprie sembianze, si lascia catturare senza pregiudizi, si apre a destinazioni anche non del tutto vicine ai suoi Padri Ispiratori, che recano i nomi, più che importanti fondamentali, di Chick Corea, Michel Portal, Han Bennink e Pat Metheny. 

Visionario e morbido il Calipso di “Easy Healing”, stralunato Bop in “No Pope No Party”, ballad lunare per “Las hortensias”, walking introverso bruno e lirico in “Vale”, fluido l’epilogo di “Joy”, nel quale i ritmi latini ed i tanti colori degli Emisferi  armonici disegnano una linea immaginaria che corre densa di aggettivi cromatici nel Calibro artistico che tutti attendiamo da un Quintetto di tale congruente abilità.

Non grideremo al miracolo per questa performance – del resto nelle Blue Notes attuali di eventi soprannaturali ne appaiono ben pochi- ma riconosceremo che le proiezioni ortogonali di un Jazz tanto positivo sono davvero rare da incontrare, tanto rare che sembrano già far parte di una Visione del Futuro assolutamente ricca di potenzialità magnifiche, tutte da intraprendere, progettare e rendere in nuova espressività.

Fabrizio Ciccarelli

 

Stefano Bollani: pianoforte

Mark Turner: sax tenore

Bill Frisell: chitarra

Jesper Bodilsen: contrabbasso

Morten Lund: batteria  

  1. Easy Healing
  2. No Pope No Party
  3. Alobar e Kudra
  4. Las Hortensias
  5. Vale
  6. Teddy
  7. Ismene
  8. Tales from the Time Loop
  9. Joy in Spite of Everything
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