Chet Baker, White Blues, vinile BMG 2021
Chi mai non potrebbe riconoscere in Chet Baker l’anima del Jazz, di quelle Blue Notes maudit come la sua esistenza; basta guardare il film di Bruce Weber Let’s get Lost per rendersi conto della grandezza interiore di un uomo straziato da una Weltanschauung devastata sia dall’eroina e dalla cocaina che dal continuo bisogno di danaro per dar pace alla propria maledetta solitudine espressa in oltre 150 album dei quali raramente si può fare a meno.
Il suo stile estremamente essenziale espresso in una voce roca, bruna, dolce, suadente, era pari al suo modo di suonare la tromba, diretto come un colpo allo stomaco, ancorato ad un timing perfetto e sinuoso, ad una logica strumentale scevra di pirotecnie virtuosistiche e maledettamente (certo, maledettamente) ancorata alla suprema estetica di un decadentismo alla Verlaine sibilato con rabbia e leggerezza.
Non è possibile sentirsi lontani dal suo Pathos romantico, pensoso stupefacente di capacità tecnica ed inventiva inesauribile notturna e metropolitana, più colta di ciò che s’immagini, ove ogni dettaglio miracolosamente semplice vive grazie ad una poesia facilmente descrivibile, fatta di talento e immensa sensibilità.
White Blues è un reverse –a mio avviso un capolavoro- di malanni esistenziali liberati in un disco di rara bellezza, difficilmente descrivibile a parole tanto quanto indimenticabile per la profondità dell’interplay in cui Chet collaborava con ottimi musicisti. Ma è sempre Chet che per primo s’ascolta per il suo livello qualitativo a dir poco straordinario, incapace di vivere anche il Jazz in modo convenzionale, strafatto di roba mortale, mendicante barbone di bellezza caravaggesca come ogni singolo brano di questo imperdibile album mostra e dimostra.
Non è possibile scegliere un brano rappresentativo poiché ognuno è una storia a sé stante, un’ indimenticabile pagina d’amore luminosa ed elegiaca, platonica e nietzschiana. Raro, rarissimo nell’esile luminosa lettura di White Blues, nella raffinata guest ‘Round Midnight, nell’effetto blues della ballad (così come piaceva a Chet) Dolphin Dance….Ma che ne parliamo a fare? E’ una performance di Cool, Bop e Swing di un vertice senza tempo, impagabile nell’immediatezza, nella spontaneità di una persona unica ed impagabile della quale è impossibile far a meno, quale incontrai in una notte stellata al centro della Capitale, dopo un concerto allo storico Music Inn e dopo aver bevuto assieme Bourbon e Gasoline.
Ma per lui la notte era appena iniziata, grande indimenticabile Maestro del White Blues.
Fabrizio Ciccarelli
Trumpet - Chet Baker
Tenor Saxophone, Flute - Bobby Jaspar
Piano - Amadeo Thommasi
Guitar - René Thomas
Drums - Ben Riley
Bass - Benoit Quersin
- White Blues
2. Round Midnight
3. Blues in the Closet
4. Swift Shifting
5. Over the Rainbow
6. Caravelle
7. Dolphin Dance
8. Ellen & David
9. Star Eyes
10. Well You Needn't
11. These Foolish Things