John Abercombie Quartet
39 Steps
ECM 2013
Se è vero che gli stili musicali si fondono sempre più, è anche vero che nel Jazz l’impronta Blue continua sempre a distinguerne le Forme poetiche, la naturale passione per il lirismo, la ballad e lo Swing in 4/4, che restano punti fermi di una tendenza estesa ad ogni solista che intenda immaginare nel futuro un ingresso singolare e vero di elementi autobiografici, improntati alla ricerca di un linguaggio meditativo e schivo di mode e accademismi.
Il chitarrista statunitense, virtualmente figlio e padre del confine jazzistico europeo, è da decenni un raffinato designer di analisi estetiche e di esplorazioni atemporali, dirette da una nobile concezione dell’Effimero e dall’Udir Voci che altri non odono, da una consapevole tensione artistica che riflette in modo innovativo sullo Spirito dei Tempi circa la Sei Corde, da Pat Metheny a Jim Hall, da Kenny Burrell a Herb Ellis, da Barney Kessel a Terje Rypdal, non di rado superandone l’istinto improvvisativo per innata versatilità e calore d’emozione.
In questi termini di Viaggio così ampi ed al di fuori di categorie desuete Bop o Cool, non è forse difficile distinguere il modo della Suite indicato da Bach nelle tre maggiori composizioni per liuto e comunemente trasposte per chitarra (BWV 995, 997 e 999), così come il virtuosismo chiaroscurale tardo Barocco di Mauro Giuliani, che fu preludio al prezioso repertorio ottocentesco dei Maestosi e degli Andanti di Joaquìn Rodrigo ed Heitor Villa-Lobos.
Sono intuizioni vissute con descrittività introspettiva ed elegantissima discrezione da John Abercrombie, studioso fine di libere melodie e mentore di fraseggi estensivi ed avvolgenti, come in “Bacharach” (quante allusioni cabalistiche fra Johann Sebastian di Eisenach e Burt di Kansas City: sarà un caso? Ma no…), “Greenstreet” (il metafisico“ mezzo campo” calcistico della cover) ed una versione modernissima e straniante di “Melancholy Baby”, popular di Ernie Burrett e George Norton scritta nel 1912 e portata al successo da Benny Goodman, Django Reihardt, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, Jimmy Rushing, Ray Charles, Barbra Streisand, Chet Baker, Bill Evans , anche se consideriamo splendida ed unica la struggente interpretazione “vaudeville” di Gene Austin del 1927.
I “39 Steps”, conducono a “Il Club dei 39” di Alfred Hitchcock (1935), pellicola visionaria ed espressionista scelta come Omaggio al Maestro londinese, condensata attraverso le personali proposizioni di “Vertigo”, “Shadows Of a Doubt” e “Spellbound”( “La donna che visse due volte”,“L’ombra del dubbio” e “Io ti salverò”) capolavori sul Tema del Doppio e del Sogno che rivela la Vita, enigmi sui quali intende ponderare l’Artista americano: tale riverbero non sorprende affatto chi conosca il livello culturale della sua sperimentazione e la matrice esistenzialista del suo Umanesimo esuberante e ribelle.
I Particolari armonici vengono dissolti in un Suono vaporoso e temperato, in un Passato che torna, proprio come in “Vertigo”, nel motivo di linee concentriche di spirali che formino spirali, fino a sparire, tutte, nell’eclissi finale di un unico Occhio, Maschera e Volto di un Pathos edificante, misterioso e suadente.
Parleremmo di Ambient se fosse solo per il Canto vitale ed evanescente del magnifico Quartetto, ma i Lidi verso i quali si spinge questo Silenzio tentacolare è davvero “vertiginoso” in un Volo abbagliante fra Classicismo, Contemporaneità e tenue Oblio di esoterica raffinatezza.
Da non mancare, nient’altro.
Fabrizio Ciccarelli
John Abercrombie-guitar
Marc Copland-piano
Drew Grees- double bass
Joey Baron- drums
All compositions by John Abercrombie except as indicated
"Vertigo" - 6:21
"LST" (Marc Copland) - 6:51
"Bacharach" - 7:21
"Greenstreet" - 6:15
"As It Stands" - 4:08
"Spellbound" (Copland) - 6:53
"Another Ralph's" - 5:22
"Shadow of a Doubt" (Drew Gress, Joey Baron, Abercrombie, Copland) - 3:12
"39 Steps" - 8:36
"Melancholy Baby" (Ernie Burnett, George A. Norton) - 4:37