PERIGEO, One Shot Reunion, Abeat 2022
Una Storia da raccontare: Perigeo tra Storia e Attese.
Quando nel 1973 la RCA pubblicò Abbiamo tutti un blues da piangere s’iniziò a parlare del nuovo fenomeno Perigeo, un quintetto formato da noti jazzisti che, fatti propri i nuovi indirizzi musicali, decise di dar vita ad un’avventura decisamente moderna, modernissima, iniziata dall’LP Azimut appena un anno prima, un disco che fu accolto piuttosto bene dalla critica e benissimo da tanti giovani in cerca di nuovi stimoli, giovani che in verità ne sapevano poco di Jazz e ancora approssimativamente di Progressive, di Jazz Rock, di Funk, di Blues e di tutte quelle tendenze che avrebbero arricchito in modo forse irripetibile il panorama anni 70/80 di una musica nuova e non conformista.
In altre parole fu un stoccata di fioretto culturale che aprì il gusto delle nuove generazioni di allora ad un mondo musicale diverso da quello frequentato sino a quel momento, diverso ma non opposto. E così s’iniziò ad ascoltare il Miles Davis elettrico, i Weather Report, la Mahavishnu Orchestra e l’innovativo Progressive italiano (in particolare PFM e Banco del Mutuo Soccorso): uno step decisivo verso la formazione di nuovi interessi e di un nuovo gusto, finalmente libero sia dalle smanettate finto rock delle innumerevoli cover biascicate da gruppetti ricchi solo di look alla Carnaby Street che dal tanfo borghese del noioso melodico italico, perbenista, manierista, vaticanista, democristiano nel senso peggiore dell’accezione politica (e qui mi fermo per non voler usare aggettivi riferiti al violento neofascismo ringalluzzito dai servizi segreti deviati e da tanti parlamentari collusi con Mafie e Camorre varie).
Torniamo alla musica, anche se Perigeo fu, ribadisco, un fatto anche politico. Quell’album spazzò via ogni indecisione: Perigeo era un viaggio innovativo, certamente con forti suggestioni anglo-americane ma anche con un deciso carattere mediterraneo (lo affermo pur “censurato” da Giovanni Tommaso in una chiacchierata di qualche anno fa: ”Jazz is Jazz” mi disse. Punto e basta. E magari aveva ragione lui); pulsioni immediate e poetiche nelle quali le melodie venivano amplificate da arrangiamenti difficilmente migliorabili anche oggi, da esecuzioni strumentali raffinate, originali, brillanti. E così cambiò molto fra il pubblico italiano, che prese coscienza delle innovazioni dei Soft Machine, degli ELP (Emerson, Lake & Palmer), di Robert Fripp con i suoi King Crimson, del Jazz Rock dei Weather Report, dell’Hard Bop, delle potenzialità cromatiche ed ideologiche dell’irregolarità del Free nelle forme estreme di Ornette Coleman, Cecil Taylor, Archie Shepp e John Coltrane, e delle eclettiche aperture del magnifico negromante Miles Davis: tanto personale ed ampia fu la sperimentazione di questa Avanguardia che ancora oggi ascoltiamo con un certo stupore fino a chiederci come abbia fatto a far concordare tante e tali idee.
L’intro metafisica La valle dei templi accoglie lo spirito World, eclettico e poliglotta richiesto da quell’estetica alternativa che era puro spirito del Tempo, già enunciata (ma in maniera indubbiamente meno melodica) dal mondo surreale ed elettrico dei Soft Machine, una sequenza articolata in due unità narrative, la seconda delle quali composta dall’intensa acidità dei magneti di un ottimo Tony Sidney e dal flusso armonico di Claudio Filippini alle tastiere (che sostituisce nel Live Franco D’Andrea, in altre vicende affaccendato: peccato, pur se Filippini si integra a meraviglia nel Sound storico della band), sorretta dalla potenza ritmica dello stretto dialogo tra Bruno Biriaco alla batteria, l’entusiasmo muscolare e creativo di Alex Pacho Rossy alla batteria ed alle percussioni e di Giovanni Tommaso al basso e soprattutto al contrabbasso: una sorta di mantra ipnotico fraseggiato sulla polarità di acuti dividendi di segno lisergico, anch’essi segno dei tempi, di quei segnali Weat Coast e Beat Generation che erano anime indivisibili della cultura dell’Andare Oltre e dello Sperimentare il Futuro. Ci uniamo ai giusti applausi e alla standing ovation, testimoniata dall’edizione in DVD e dal relativo filmato su YouTube.
In tal senso l’elegiaco surrealismo di Sydney’s Call nella filigrana straniante del sax di Claudio Fasoli su un tappeto sonoro tessuto dai registri chitarristici e dal sottile agitarsi di percussioni e batteria per una soluzione Progressive che fu lezione per band internazionali (non dimentichiamo quanto il Perigeo diede lezione a tanti blasonati gruppi anglo-americani, tedeschi e francesi!), il tribalismo più free virato nelle pulsanti energie acide di Polaris , il lirismo crepuscolare della pièce onirica Abbiamo tutti un blues da piangere (cantata con Pathos e sentimento blues intenso da Jasmine Tommaso nella versione su DVD con un perfetto solo di tromba da parte di Fabio Morgera), gli andamenti sospesi di Terra Rossa, la sintesi psicomimetica e rumoristica nel lisergico flusso della ripetitiva formula vedica di Genealogia tenuta nella massima sospensione dall’archetto per contrabbasso di un maestro quale Giovanni Tommaso, dal soprano ipnotico di Fasoli e dallo swing di Filippini al piano (altra standing ovation!), fino alla sferzante conclusione per la Sei Corde di Sydney in Via Beato Angelico, tra le strade del Barocco romano, basiliche e gallerie d’arte che restano cuore jazzistico fra il Conservatorio ed i Club del tempo nella vita notturna degli artisti più creativi dell’Urbe.
Nel tardo autunno del 1977, dopo altri tre album di grande spessore (Genealogia del 1974, La valle dei Templi del 1975 e Non è poi così lontano del 1976), durante un concerto a Firenze al Festival dell'Avanti, il Perigeo annunciò il proprio scioglimento. Troppo presto, davvero troppo presto. Ed in molti ne abbiamo sentito la mancanza sino a questa quasi insperata rentrée. Per tante vie diverse nel corso degli anni ho avuto occasione di parlarne con alcuni dei protagonisti, con le Case Discografiche e con gli Uffici Stampa, avendo la sensazione che fosse intervenuto qualche serio episodio del tutto personale a negarne la ricostruzione. Mi dicevo: “Io insisto perché non è giusto che questa Storia si concluda così. Io insisto. Non si sa mai”. Fortuna ha voluto che la band si riunisse in piazza per un concerto “one shot” a Firenze il 23 luglio 2019, ora pubblicato grazie alla dedizione culturale dell’Abeat Records di Mario Caccia, cui rivolgiamo plauso convinto e sincera riconoscenza. A tal proposito, chi vuole può prender visione della presentazione dell’album su YouTube. Sentir parlare Mario, Bruno e Giovanni è un piacere: modestia, sincerità, passione, saggezza.
L’album presenta dal vivo “one shot” (in un “colpo solo”, così come il concerto è andato, senza montaggi di serate diverse) i brani più significativi della storia Perigeo: nessuno da perdere, ognuno da ascoltare con sincera ammirazione perché ogni passo del concerto rinnova quella storia con un flou contemporaneo, ancora una volta originale e viscerale per il sincero entusiasmo dei musicisti, per la loro dedizione nell’offrire un sound che, mi sembra di poter dire, rimane un punto di riferimento sia dal lato compositivo che da quello esecutivo. “One shot” ribadisce Tommaso dopo aver confessato di aver dovuto ristudiare il basso elettrico su un Fender Jazz 1970, non il suo rarissimo Fender Jazz del 1962: ristudiare? Va bene, ci crediamo. One Shot: “una botta e via”. Ma forse non ci crede neanche lui, anima del Perigeo, e non ci credono, secondo me, neanche gli altri di quella Storia, Fasoli compreso. Continuerò ad insistere perché questa Storia non deve fermarsi qui perché è Storia della Musica Italiana, e non solo. E qui non si fermerà, ne sono convinto.
Fabrizio Ciccarelli
Bruno Biriaco drums
Giovanni Tommaso double and electric bass
Claudio Fasoli saxes
Claudio Filippini keyboards
Tony Sidney guitar
Fabio Morgera trumpet
Alex Pacho Rossy drums and percussion
Tracklist:
La Valle dei Templi (Bruno Biriaco)
Azimut (Giovanni Tommaso)
Sidney’s Call (Anthony Sidney & Giovanni Tommaso)
Abbiamo Tutti un Blues da Piangere (Giovanni Tommaso)
Il quartiere (Giovanni Tommaso)
Polaris (Bruno Biriaco)
Terra Rossa (Claudio Fasoli)
Genealogia (Giovanni Tommaso)
Pensieri (Bruno Biriaco)
Via Beato Angelico (Giovanni Tommaso)
DVD plus:
- Festival
- Abbiamo tutti un blues da piangere (VC: Jasmine Tommaso!)
- Rituale
Extra: Backstage and mix
# in ascolto su https://open.spotify.com/album/3Ii7kXTRQdwMcc4rqdQfe5