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Tina Brooks, True Blue, Blue Note 1960, vinile 2022

Harold Floyd "Tina" Brooks (Fayetteville, 7 giugno 1932 – New York, 13 agosto 1974) iniziò appena diciottenne a suonare col vibrafonista Lionel Hampton e poi fino agli anni 60 come sideman di jazzististi della scena hard bop quali Freddie Hubbard, Kenny Burrell, Freddie Redd e Jimmy Smith. Nel 1958 entra nell’orbita della Blue Note Records: dopo appena tre anni terminerà d’incidere a suo nome, sia per una stasi creativa che per l’abuso di stupefacenti che gli impose di far soldi per soddisfare le sue esigenze di droga piuttosto che continuare quella ricerca musicale che gli aveva dato precoce notorietà e stima presso i suoi colleghi. Morirà appena 42enne per overdose.

True Blue è il primo album che incise a suo nome: brani autografi, formazione da lui scelta, arrangiamenti da lui curati. Tutto sembrava poter andar per il meglio per il giovane sassofonista, ma l’incontro con i brutti ceffi assidui frequentatori dei Club non per interesse verso il jazz ma per procurarsi musicisti da intossicare e da spolpare di quei non pochi dollari che venivano loro elargiti dai proprietari dei locali (talora non migliori degli spacciatori) segnò definitivamente una carriera che avrebbe potuto essere all’altezza dei migliori boppers.

Una Storia solita nel Jazz, Parker e Baker in prima fila. Fu così che Tina (da”tiny”, smilzo, così lo chiamavano) perse fiducia in se stesso e divenne poco affidabile per le session: erano più quelle alle quali non si presentava perché strafatto in qualche angolo della City e, quando arrivava, allampanato in vecchi completi grigi, camicie una volta bianche e cravatte da bancarella, dopo aver barcollato fino ai sedili del bar, prendeva posizione defilata sul palco, imbracciava lento il sax tenore e, incredibilmente, tirava fuori quel che nessuno si aspettava, un suono lineare, tecnicamente perfetto, variopinto, arioso, fantasioso, in grado di rendere ogni brano una pièce originale e assolutamente adeguata al pentagramma e, soprattutto, alle “fughe” solistiche che lo stesso sembrava suggerire. Roba da primi della classe, altroché.

Fra tradizione (Lester Young e Charlie Parker, innanzitutto)  e innovazione (Sonny Rollins e Hank Mobley) esibì un personale swing più consistente, più “duro”, molto originale, tanto che convinse il chitarrista Kenny Burrell a chiamarlo per “Blue Lights” e soprattutto l’organista Jimmy Smith a scritturarlo per  “House Party” e “ Cool Blues”, tre titoli non da poco nel solo 1958, per poi incidere col nuovo enfant prodige della tromba Freddie Hubbard lo storico “Open Sesame”. Il bravo e sensibile Freddie ricambiò ben presto il favore con una sezione ritmica eccellente: come Duke Jordan (piano), Art Taylor (batteria) e Sam Jones (contrabbbasso). Nacque così questo album che fila liscio e intenso, con un grande interplay fra la ritmica e i due fiati: Tina e Freddie non si rincorrono ma interagiscono con maestria, tante battute l’uno tante battute l’altro, un accordo perfetto sulle armonie da seguire, nessuno che intenda sopravanzare nessuno. True Blue è un disco da ascoltare dall’inizio alla fine, preferibilmente senza interruzioni. Scegliamo come brani rappresentativi l’incipit bluesy  Good Old Soul, hard bop quasi ante litteram con un magnifico solo di Tina direi da scuola d’improvvisazione, il tono parkeriano di  Up Tight’s  Creek con Hubbard a dettare lo sviluppo dello swing e Tina a fargli da contraltare, il modernissimo sincopato della title track True Blue arrangiato in sintonia con un Hubbard fiammante e veramente sugli scudi. 

L’unico problema fu che il disco uscì in un periodo straordinariamente fecondo per il jazz nel quale s’imponevano le personalità di Davis, Coltrane, Blakey, Monk, Silver, Rollins, Adderley col loro superbo campionario che venne inciso nel giro di soli 4 anni irripetibili nel capitolo Hard Bop, Di conseguenza l’introverso Tina Brooks, meno “agganciato” ai grandi manager anche per i motivi “tossici” già ricordati, trovò immeritatamente poco spazio: si sa anche nel Jazz chi si è saputo vender meglio ha avuto maggior riscontro economico e più giornalisti (anche scribacchini) che l’hanno portato nelle classifiche d’ascolto e nelle riviste di grido, Certamente non era quello il carattere dell’introflesso Tina che in ottobre inciderà un superbo “Back To The Tracks”. Ma lì terminerà la storia dello Smilzo, perso nei paradisi artificiali che al massimo gli consentirono pallide esibizioni nei club newyorkesi, quasi sempre affiliato a mediocri Band di Latin. Nessuno si ricordò di lui quando il 13 agosto del 1974 se ne andò per insufficienza renale.

Una Storia maledetta, come quelle dei più grandi non solo del Jazz ma di tutte le Arti.

Se ancora non ne abbiamo capito il motivo vuol dire che forse di tutte queste Arti non siamo degni.

Fabrizio Ciccarelli

Tina Brooks - sassofono tenore

Freddie Hubbard - tromba

Duke Jordan - pianoforte

Sam Jones - contrabbasso

Art Taylor - batteria

Brani composti da Tina Brooks, eccetto dove indicato

Good Old Soul – 8:05

Up Tight's Creek – 5:14

Theme for Doris – 5:50

True Blue – 4:55

Miss Hazel – 5:29

Nothing Ever Changes My Love for You – 7:50 (Jack Segal, Marvin Fisher)

L’edizione CD del 2005, pubblicata dalla Blue Note Records contiene 2 bonus:

True Blue – 5:05 – Bonus Track - Alternate Track

Good Old Soul – 7:35 – Bonus Track - Alternate Track

# in ascolto su https://music.youtube.com/watch?v=2VBWiCL7Ar0&list=OLAK5uy_lgvDG7-T5fMQdPQlmuy07YjEbSHSiEHF4

 

 

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