Concerto“La Grande Opera Italiana Patrimonio dell'Umanità”, Arena di Verona 7 giugno 2024. 

Raramente, forse mai, mi è capitato di udire un’ orchestra di 160 elementi e un coro di oltre 300 artisti: certamente non dall’Arena di Verona, come anticipazione della Stagione Estiva 2024.

A ciò si aggiunga anche un corposo corpo di ballo di oltre 70 artisti, capitanati da Roberto Bolle.

Ed, infine, una durata “monstre” veramente da “tour de force” di proporzioni assolutamente wagneriane: 20.30 inizio 0.45 fine.

Su Youtube è perfettamente visibile la Conferenza di presentazione dell’Evento, datata 29 Maggio.

Per ciò che ho visto e sentito ho avuto la sgradevole sensazione della fretta organizzativa: come pubblico una cinquantina di persone a sorbirsi le iperboli e i superlativi a raffica della direttrice di Rai Cultura, una raffica di comunicazioni ufficiali (tipo i 6 mesi spesi per organizzare questa kermesse), una soddisfazione poco convincente della Sovrintendente Cecilia Gasdia. Un coro generale, per capirci, inneggiante al miglior squadrone di talenti del pianeta, radunato per questa occasione e capeggiato da una Anna Netrebko che pochi giorni dopo ha disdetto; e che infatti non si è vista sul palcoscenico.

Delusione anche per la totale assenza di contraddittorio. E, more solito in queste circostanze, la totale, abissale assenza della protagonista assoluta, la Musica: interventi musicali, in senso stretto, meno di zero, il nulla cosmico.

Ciò chiarito, in “medias res”. Quasi 4 milioni di Share: per la Musica Lirica in Prima Serata Rai 1 è certamente un gran bel risultato. Quantomeno l’idea, il progetto (la realizzazione è altra cosa), è stato premiato con il 20% del totale: a ciò si uniscano i 5 milioni abbondanti della Prima Serata Rai 1 di Angela su Pompei, 140 minuti di fila, senza una singola interruzione pubblicitaria, di Archeologia (che è ben altra cosa dalla Musica). E, il lunedì successivo, i 3 milioni abbondanti dello Speciale “80 anni Normandia”.

Inchiodandoci ai numeri sembra che le Prime Serate culturali di Rai il grande pubblico le ha certamente gradite: quindi, Pacchi (e Gossip più o meno banale, per non dir peggio) a parte, la richiesta di un’abile e capace comunicazione culturale, certo non “da iniziati”, ci sta. O, quando si è in grado di offrirla, i milioni in Share fioccano.

La Prima parte di quasi un’ora con il Maestro Muti, vorrei dire quasi Sinfonico- Corale, è stata preceduta dalle solite “banali ritualità” di turno. Tre i presentatori: Cristiana Capotondi, Alberto Angela e Luca Zingaretti. Ho apprezzato Angela, e ho trovato un “approfondimento stimolante” quello di Zingaretti sugli “Archetipi” del melodramma. Emozionata e un po’ altalenante la Capotondi.

La particolare, ottima acustica dell’Arena va molto abilmente “tarata” e filtrata, altrimenti si hanno prese di suono ballerine e sbilanciate; cosa che è successa più volte, particolarmente nella Seconda parte, quella dei cantanti e delle Arie.

Nella Prima ho trovato ottimo, intenso e asciutto Muti, dai toni alitati del coro di “Nabucco” fino alle arcate colossali del Prologo in Cielo di “Mefistofele”, assolutamente spettacolare (torno a dire “wagneriana” nel senso migliore del termine) l’imponenza che gli oltre 300 coristi hanno imposto al pubblico, quasi centuplicando l’intensità di questi brani corali. Da questo punto di vista, pienamente appagante.

Non poco si è discusso, dopo questa prima ora musicalmente a livelli altissimi, sulle parole che il Maestro Muti ha voluto spendere come commiato: la scelta di “Patria Oppressa”, il celebre coro di “Macbeth”(reso, come detto, superbamente), si potrebbe attualizzare in politica, se non come una sfida, quantomeno come un forte stimolo. E le “frecciate” sulla “Concordia Discors” della Musica, dove ogni diverso Singolo deve essere al meglio, ma sempre al servizio del Corpus dell’Orchestra, per formare una miscela di perfetta armonia nella diversità strutturale dei suoni: evidentemente ciò si presta a una altra “pizzicata” politica, attualissima, come si è  visto nelle nostre aule parlamentari. E’ fin troppo chiaro che in quel caso la “Concordia Discors” non quaglia, non amalgama. La lunga galoppata canora ha visto un bravo e capace giovane direttore, il Maestro Ivan Champa, dare grande prova di adattamento ai diversi momenti e alle diverse atmosfere negli oltre 20 brani presentati.

Non ho intenzione di tediare il lettore con un resoconto minuzioso, in ultima analisi anche alienante.

E mi limito a sottolineare che ho particolarmente apprezzato l’intensa Liù di “Turandot” cantata da Rosa Feola. Mi ha anche convinto come stile ed espressività il Nemorino dell’”Elisir D’Amore” di Meli, tenore che stimo molto anche in altri ruoli. Come stimo Juan Diego Flores, che ha dato ottime caratterizzazioni sia del  Duca di Mantova in “Rigoletto” che di Rodolfo in “Bohème”. Sempre molto prestante e in questo caso anche intenso, Roberto Bolle. 

Il vocione esteso ed espressivo di Salsi ha incarnato molto bene sia Scarpia in “Tosca” che “Rigoletto”. Molto interessante e dialettico il Gerard in “Andrea Chenier” di Ludovic Tezier, e splendida, piena, calda e densa la voce di Juliana Grigorian nel ruolo di Musetta in “Bohème”. Un po' meno convincente la Buratto in CiòCiò San. Certo, era tra i cavalli di battaglia mondiali della Tebaldi: e di Tebaldi ce ne vedo molta, ma un po' troppo matronale, a mio parere.

La voce di Jessica Pratt è di colore molto bello (e anche qui, sotto sotto ci vedo non poco della Caballè): brutta scelta la grande aria di ingresso di “Norma” (non faccio il nome, non serve, basta dire “Lo Spettro” che debutta proprio a Verona, Estate 1947! Chi sarà mai?), perfetta se inquadrata dal coro che la precede. E che meraviglia di coro avevamo...ma niente. La Pratt viene scaraventata brutalmente uscendone con professionale decoro, ma anche visibilmente tesa. Kaufmann, secondo me non in gran forma, si è impegnato come Cavaradossi con un risultato degno sempre di stima, ma non del tutto convincente. Brian Jagel è stato un bel Canio di “Pagliacci” da un punto di vista interpretativo. Ma l’italiano andrebbe ulteriormente migliorato. Comunque lo strumento è poderoso.

Ci sono state altre prove, altre voci. Ovviamente non pessime o scadenti. Ma non mi hanno lasciato memoria delle loro arie. Il/la corretto/a professionista che cerca di fare scrupolosamente il “compito” non si può mal giudicare, ci mette buona volontà. Ma a teatro si va per provare, oggi si direbbe e del resto si dice sempre, emozioni. Io preferisco parlare di Passioni, magari non al Calor Bianco (quelle che negli anni felici scatenava “Lo Spettro”, e anche la sua principale rivale, in altro repertorio), almeno calde a avvincenti.

Mi rifaccio a Zingaretti, che cita “Pretty Woman” quando Julia Roberts con un volo privato viene portata da Richard Gere all’Opera a vedere “Traviata”: certo, a fine opera è in lacrime, e “mi si sono aggrovigliate le budella”.

Ma mi piace molto ricordare lui: ”la gente all’Opera prova reazioni estreme: o la ami, e se la ami sarà per la vita; o potrai cercare di fartela piacere, ma le sarai sempre sostanzialmente estraneo.”

Esattamente come i posti vuoti di tanti “papaveri” dopo solo un’ora: e, forse peggio, la maleducazione devastante delle centinaia di cellulari accesi, implacabilmente ripresi dalle telecamere...nel Paese del Melodramma!

                                                                                Domenico Maria Morace.

 

# in video su https://www.raiplay.it/video/2024/05/La-grande-Opera-Italiana-patrimonio-dellumanita-da615d27-f4cc-410b-a0c5-311f5dc36216.html

 

 

 

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