The Substance
L’Incubo della Bellezza e il suo Doppio: coup de théâtre e mutazioni musicali
Acclamato dalla critica e dalla risposta del pubblico soprattutto anglo-americano, THE SUBSTANCE è un film dalla trama che vuol esser sorprendente e che comunque lascia spazio ad ampie riflessioni.
Giocato sul Tema del Doppio in ambito body-horror con eventi fortemente splatter, la sua originalità verte innanzitutto sul trucco (veramente notevole) e sugli effetti speciali destinati alle mutazioni della protagonista femminile, Demi Moore, che sembra voler “vendere l’anima al diavolo” affidandosi ad un’entità ignota per conservare la propria bellezza, suggeritrice misteriosa le cui intenzioni morali o i legami col Regno del Male sono lasciati in toto all’interpretazione dello spettatore.
Dicevamo della trama: una bella attrice vicina ai 50 anni è star di programmi di aerobica che esaltano la forma giusta, finché il produttore del format decide di farla fuori poiché lo show business necessita di una qualche giovane attraente che possa far innalzare l’audience. Scoperte le intenzioni del cinico boss, Elisabeth, protagonista di tante pellicole di successo tanto da meritare la famosa Stella nella Hall of Fame, pensa di trovar la soluzione nell’uso di una sostanza misteriosa ottenuta in modo altrettanto oscuro dalla “Voce”, Deus Ex Machina di una trama tutto sommato abbastanza fragile . Così prova il grasso liquido ributtante: il tentativo riesce, e dal suo corpo esce una nuova lei giovanissima, bionda, occhi azzurri, corpo atletico, a parere dei vertici dell’emittente esattamente il contrario di ciò che Elisabeth sarebbe in quel momento – per inciso: alla Moore non manca davvero nulla per essere più che attraente, anzi il confronto con la nuova sé non esiste affatto. Però la durata della trasformazione è limitata ad una settimana e questo non basta all’Alter Ego che, guarda caso, viene assunta a furor di popolo per sostituire la “vecchia” nel programma. Elisabeth non si rassegna anche se la nuova starlet riscuote un enorme successo popolare tutto yankee style, iniziando ad assumere una psicologia propria sempre più autonoma e sprezzante, causando il paradosso dell’odio della prima, un’invidia che ne acceca ogni facoltà razionale e che la porta ad overdose sempre più frequenti della lattiginosa sostanza rigeneratrice. Causa la Substance, Elisabeth odia sempre più ferocemente l’altra Elisabeth: i rimandi letterari e filosofici sono piuttosto evidenti, ne parleremo.
Esito: perso ogni freno, le due si combattono disperatamente fino ad ignorare che non esiste una sola donna ma due, la cui prima è ormai prodotto di delirio attraverso continue, inaspettate, mutazioni: dalla Bellezza al Mostruoso, trasfigurazione piuttosto scontata ma sicuramente attesa dallo spettatore attratto dai B Movie a carattere Horror.
Finale: l’appuntamento più importante del canale TV, la gozzoviglia festaiola di fine anno a tema nazionalpopolare, viene affidato alla seconda Elisabeth che, tramortita dal superuso della fetida sostanza, inizia a trasformarsi in un orrido agglomerato di carne sanguinolenta sempre più mostruoso che, dopo aver vomitato un impiastro “blob” che innaffia e terrorizza il pubblico, fugge per strada (ovviamente umida, plumbea e notturna) per sfaldarsi definitivamente in brandelli informi e ridursi a massa deforme che si trascina grottescamente sull’emblema della notorietà destinato agli attori più noti, la famosa Stella nell’Hall of Fame della città, che dopo qualche tempo verrà insudiciata dal disinteressato calpestio dei passanti e definitivamente cancellata da una macchina lava strade: simbolo dell’oblio definitivo, dell’aspra sconfitta del disperato tentativo di deviare le leggi della natura.
L’Oscar al Trucco credo sia giusto, ma a mio avviso non meritati gli elogi su importanti testate come The Guardian e Cahiers du cinéma da parte di critici di un certo nome, che magari avranno trovato qualcosa d’importante che il sottoscritto non è riuscito a cogliere. Cosa dire poi dell’ovazione di 13 minuti al termine della visione in anteprima al Festival di Cannes? E della quattro Nomination all’Oscar americano? Elogiare costa poco e può produrre un esito determinante per gli incassi: sarà stato questo l’intento? I tanti intrallazzi dello Show Business direi che li abbiamo intuiti da tempo, per cui ci limitiamo ad osservare che “intelligenti pauca” e che da circa venti anni le statuette in bronzo placcato oro attribuite dalle giurie dell’Academy Award lasciano quanto meno perplessi. Non ce ne voglia la regista Coralie Fargeat, già fin troppo premiata per “Revenge”, ennesima solfa della bella e giovane amante e dell’arrapato riccone che la cede ai propri amici quale oggetto sessuale, e che, coup de théâtre, si rivela spietata combattente, un sanguinario thriller di vendetta per voyeur appassionati del genere che magari pensa di sostenere la lotta contro le violenze alle donne – guardate il film, pruriginoso e tutto action, e giudicate. La cultura e la bellezza del Cinema mi sembra siano da tutt’altra parte anche se le cosiddette Giurie, anche di Rassegne con importante passato alle spalle, ci dicono tutt’altro.
Bene: da “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde” del racconto gotico di Robert Louis Stevenson ai duplicati spettrali di tante leggende popolari di matrice nordeuropea, dalla Bilocazione del Sosia al Doppelgänger presagio di morte, dalla convinzione che ogni realtà possiede una propria controparte speculare (Eraclito) all’”Altro Ultraterreno” di Platone, dal dualismo cartesiano che concepisce pensiero e materialità come due sostanze diverse all'Io che si rispecchia nel Non-Io del Romanticismo, dal Giano Bifronte al “Perturbante” di Sigmund Freud, dal disturbo narcisistico di personalità di Heinz Kohut all’Inetto Zeno Cosini di Italo Svevo (che in realtà si chiamava Hector Schmitz, tanto per restare nel tema del doppio) al “Fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello, alla biforcazione della personalità di Carl Gustav Jung, il malvagio Doppio (in realtà Sostanza di una stessa protagonista) agisce quasi in un coma ad occhi aperti in un’estasi psichedelica che vorrebbe cancellare il Passato ed esistere nel mutare delle forme in corpi nuovi, come nelle “Metamorfosi” di Ovidio, nella scissione del “Visconte Dimezzato” di Italo Calvino e del “Sosia” di Fëdor Dostoevskij, lasciando la “Metà Oscura” di Stephen King al Mito di Narciso di Caravaggio o, rimanendo in ambito cinematografico, all’esasperato illusionismo di “The Prestige” di Christopher Nolan e all’ossessione di “The Double” di Richard Ayoade, protagonista un bravissimo Jesse Eisenberg sulle orme del capolavoro del citato scrittore russo, e ai magnifici “doppi” di Alfred Hitchcock (a mio avviso soprattutto “Psycho” e “La donna che visse due volte”, dove nulla è come sembra).
I riferimenti sono davvero tanti, ma non vorremmo mai tediare il lettore, anche perché di tali Archetipi poco o pochissimo si vede nel film della regista Coralie Fargeat, il cui messaggio è che il desiderio ossessivo di bellezza porta all’autodistruzione. In ogni caso incentrare l’analisi su tali rimandi sarebbe comunque riduttivo, dal momento che in THE SUBSTANCE il Vagare della Vita appare disperato, senza scampo: il travestimento del corpo è un omicidio di se stessi, il cui complice è l’assumere altre sembianze come se il Buono ed il Cattivo della storia convivessero nello stesso sguardo e nello stesso disinteresse etico.
A tanto contribuisce una Colonna Sonora variata nei ritmi e negli accenti pseudomelodici portati all’esasperazione dai 28 brani scelti dal compositore e produttore britannico Benjamin Stefanski, noto con lo stage name Raffertie, mordenti il necessario, splash e trash quanto dovuto, barcollanti di penombra tra Elettronica pura e Trance sabbiosa e cupa per un Sound Design particolarmente adatto ad un Nightmare inquietante ben descritto da un’ottima fotografia e da un efficace e agitato montaggio che esalta i primi piani ponendo in contrasto la Bellezza e l’Orrido.
L’antitesi viene plasmata dal bass loop e dai battiti di una kick drum estremamente noisy, correttamente sottolineata dal contrasto con la vocalità abbagliante di Etta James in "At Last" e col crudo demoniaco di "Ugly and Vengeful" di Anna von Hausswolff e, nel modo più prezioso, col visionario eroismo di Richard Strauss di “Also sprach Zarathustra”, già lettura dell’ordito fantascientifico di innumerevoli Science Fiction diramate da Stanley Kubrick nel 1968 con ” 2001: Odissea nello Spazio”. Sappiamo tutti quanto la colonna sonora contribuisca all’immersione dello spettatore nel Plot del Film, quanto determini i battiti emotivi di chi guarda e quanto possa essere in grado di amplificare il senso delle immagini: in questo Raffertie è davvero abilissimo nel modulare le sonorità sintetizzate portate non ad un tappeto Dance ma ad uno strozzato cunicolo da incubo isterico, perfettamente adatto al clima della “morte incombente” data dall’opposizione tra il Sé e l’ Altro Sé, ossessione del contrasto fra ciò che si è e ciò che ossessivamente si vorrebbe essere, che nella finzione cinematografica (come nella vita) inevitabilmente conduce all’Autodistruzione.
Fabrizio Ciccarelli
colonna sonora: https://www.youtube.com/watch?v=rfCHuV1arlE&list=OLAK5uy_luU2lMQ-G7ptn04o1TwzLWKf7fAihpvIE&index=2
nb: il film è su Amazon Prime