DYLAN, IL NOBEL E OMERO
Il conferimento del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan mi ha lasciato, come è successo a molti, assai perplesso. Ma non conosco in maniera approfondita Dylan, soprattutto i suoi testi, quelli che lo
hanno innalzato agli allori della poesia mondiale e dunque, pur nella perplessità, ho preso atto della cosa fra la perplessità appunto e la riserva ad esprimermi. Sennonché rompo questa riserva dopo aver
ascoltato che la scrittrice Sara Danius, segretaria generale dell'Accademia di Stoccolma, ha augurato che sull'elevazione di Dylan agli onori del Nobel non ci siano polemiche poiché il cantautore
americano avrebbe percorso con la sua opera lo stesso itinerario poetico di Omero.
Altolà signori e signore svedesi! A questo punto mi sento di misurare la mia ignoranza dylaniana con la vostra perlomeno incauta uscita su Omero. Non sto qui a dire della assai complessa 'questione
omerica' per cui ancora oggi si discute su cosa effettivamente ci sia dietro questo nome. E' certo però che il complesso intarsio di storie raccontate dentro il suono della cetra si è formato e ha trovato la sua
sistematizzazione nella metrica dell'esametro lungo un arco di secoli che vanno dal XIII secolo a.C fino su all'VIII a.C. Cosa che dovrebbe far riflettere su quanta strada abbiano dovuto percorrere le leggende
degli uomini e degli dèi dell'epica perché essa fosse veramente tale; perché dalle radici della tradizione popolare i canti su Ilio e Odìsseo abbiano potuto astrarsi e illimitarsi nella musica e nella parola di ciò
che è rimasto il punto di riferimento di intere civiltà lungo l'intero arco della storia occidentale. Insomma, lo si impari proprio da Dylan: “How many roads must a man walk down? Before you can call him a man”.
Figuriamoci a chiamarlo poeta con Omero!
Ci sarebbe poi qualcos'altro da aggiungere: per esempio come una certa intellighenzia europea irriducibilmente antiamericana quanto allo sguardo sull'esemplarità politica delle istituzioni statunitensi sia
stata poi 'infilata in contropiede' da una cultura a stelle e strisce che è finita per essere quella delle strisce dei red carpet e delle stelle di Hollywood. Un po' pochino, pure se ad essa si aggiunge ora Dylan, di fronte a Omero. Colui che raccontò del cavallo di Troia: oggi rassomigliabile al cinema e alla musica yankee a cui le mura irriducibili dell'intellighenzia europea hanno finito di spalancare le porte col suggello dell'alloro dylaniano.
Giuseppe Cappello
www.giuseppecappello.it